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giovedì 24 novembre 2011

La trasformazione

 
Loto Bianco
Ogni individuo porta in se una verità, ed è a questa verità che deve unirsi, è questa verità che deve vivere; è il cammino che seguirà per raggiungere e realizzare questa verità è lo stesso che lo porterà più vicino possibile alla Trasformazione. Ossia i due sono strettamente uniti: la realizzazione personale e la Trasformazione.
Loto Rosso
La chiave dell'enigma non è l'ascesa dell'uomo al cielo, ma la sua ascesa quaggiù, nello Spirito, e la discesa dello Spirito nella sua umanità ordinaria, una trasformazione della natura terrestre; è questo quello che l'umanità aspetta, una nuova nascita che coronerà la sua lunga marcia oscura e dolorosa, e non una salvezza post mortem.



Fede, sempre più fede! Fede nelle vostre possibilità, fede nel Potere operante dietro il velo, fede nell'opera che si deve compiere e nella Guida che vi è stata offerta.
Sri Aurobindo

Indice degli argomenti



Prefazione a "Studio sullo Yoga di Sri Aurobindo" di Nolini Kanta Gupta

Quando Sri Aurobindo dichiarava: Il nostro yoga non è per noi, ma per l'umanità, un gran numero di persone respirò di sollievo al pensiero che la grande anima non era, dopo tutto, interamente perduta per il mondo, e che il suo nome non sarebbe stato iscritto nella lunga lista dei sannyasin (colui che ha rinunciato al mondo n.d.r.) che l'India ha prodotto nel corso dei secoli. Si capì che il suo yoga era uno yoga moderno al servizio dell'umanità; e se questo servizio non era la totalità e tutta la sostanza della Sua spiritualità, era almeno qualcosa di utile. Doveva probabilmente rappresentare qualche arte destinata ad attirare poteri invisibili per rendere la vita umana migliore, mediante un sistema che avrebbe presentato vantaggi sui risultati ottenuti coi semplici mezzi razionali e scientifici.

Sri Aurobindo si accorse che l'essenza stessa del suo insegnamento era falsata dall'interpretazione delle sue parole. Dovette perciò cambiare la sua formula; il nostro yoga non è per l'umanità, ma per il Divino.
Questo cambiamento, l'apparente voltafaccia, non fu bene accolto da certi ambienti che, credendo di dover abbandonare la speranza di vederlo ritornare a lavorare per il suo paese e per il mondo, tornarono a considerarlo, irrevocabilmente, un sognatore metafisico, separato dal mondo e così sterile come l'Assoluto (Brahman) Immutabile.

Per avvicinarsi meglio all'ideale di Sri Aurobindo, conviene riunire le due formule e dire che la sua missione è quella di trovare e di esprimere il Divino nell'umanità. Il servizio che egli vuol rendere all'umanità è di far sì che il Divino si manifesti e s'incarni nell'umanità stessa. Il suo scopo non è di migliorare, ma di cambiare radicalmente, di apportare la completa trasformazione: Divinizzare la vita umana.

Anche in questo caso dobbiamo guardarci da ogni possibile malinteso.
La trasformazione della vita umana non significa necessariamente che l'intera umanità debba trasformarsi in una razza di dèi o di esseri divini; ma nello stesso modo in cui l'uomo è evoluto dall'animale in un tipo superiore di animalità, senza che per questo l'intero regno animale si sia trasformato in umanità, attraverso l'evoluzione, apparirà sulla terra un tipo superiore.

Per quello che concerne la possibilità di una simile trasformazione, e Sri Aurobindo ci garantisce che non solamente è possibile, ma inevitabile, non dobbiamo perder di vista che la Forza che produrrà simili risultati è già al lavoro; non è un potere umano individuale, ma lo stesso Divino, la Shakti (energia n.d.r.) stessa del Divino che lavora a creare il risultato che Sri Aurobindo ha dichiarato inevitabile.
È il centro del mistero, la chiave di volta del problema. La venuta della razza superumana o divina, per quanto miracoloso o prodigioso possa sembrare il fenomeno, può divenire una cosa di pratica attualità precisamente perché non è lo strumento umano che ha in mano l'impresa, ma lo stesso Divino nella Sua Potenza, Saggezza e Amore supremi. La Sua discesa nella natura umana per purificarla, trasformarla e renderla adatta quale Sua dimora è sadhana dello yoga di Sri Aurobindo.

Il sadhaka (colui che pratica lo yoga n.d.r.) deve solamente restar tranquillo e silenzioso, pieno di un'aspirazione calma, aperto, consenziente, ricettivo alla forza unica; non ha bisogno né deve tentare di fare le cose mediante uno sforzo indipendente e personale, ma di farle fare, o di lasciarle fare, dal Divino Maestro o Guida. Tutti gli altri yoga o discipline spirituali del passato contemplavano l'ascesa della coscienza, la sua sublimazione, la sua fusione e la finale dissoluzione nello Spirito. Se pure si contemplava la discesa della Coscienza divina, per preparare la sua dimora definitiva in una natura umana dinamica e prammatica, non era il tema principale degli sforzi e delle realizzazioni.

Inoltre, la discesa di cui ci parla Sri Aurobindo non è la discesa di una coscienza divina, in quanto esistono varietà infinite di coscienze divine, ma della coscienza del Divino, dello stesso Divino con la sua Shakti, poiché a Lei è affidato il compito di lavorare direttamente per la trasformazione evolutiva della nostra epoca.
(…) Si avrà quindi una vera discesa: la Luce divina penetrerà dapprima nella mente ed incomincerà da lì la sua opera di purificazione, anche se sarà sempre il cuore interiore il primo a riconoscere la divina essenza e ad accettarne l'azione. La mente superiore (Si veda L'ora di Dio: le gradazioni dalla sovramente alla mente n.d.r.) rappresenta la sommità della comune coscienza umana e riceve più facilmente le radiazioni che discendono.

Dalla mente, la Luce filtra nelle regioni più dense delle emozioni e dei desideri, delle attività della vita e del dinamismo vitale per arrivare fino nella materia rozza, nella dura e oscura roccia del corpo fisico che deve a sua volta ricevere l'illuminazione ed assumere le vere forme ed i veri aspetti della luce suprema.


La realizzazione in terra di una vita spirituale o divina è soprattutto un atto di bellezza, un'opera d'arte; poiché dal punto di vista delle realtà essenziali ed interiori appare che la spiritualità, se non è l'arte più alta, è almeno la base delle arti. Se arte significa esprimere l'anima delle cose, poiché l'anima vera delle cose è l'elemento divino in esse, bisogna accordare alla spiritualità, alla disciplina, al contatto con lo Spirito, col Divino, la vetta massima nella gerarchia delle arti: l'arte della vita. Fare dell'esistenza un lavoro perfetto di pura bellezza nelle sue linee, senza errori nel ritmo, riempito di forza, irrorato di luce, vibrante di delizia, incorporare, in una parola, il Divino, rappresenta il più alto ideale della spiritualità.

Vista da questo lato, la spiritualità di Sri Aurobindo è il nec plus ultra della creazione artistica.
Lo yoga di Sri Aurobindo è lo yoga proprio della natura. La natura segue infallibilmente ed inevitabilmente uno yoga che è la più segreta legge del suo essere. Yoga significa essenzialmente cambiamento o trasformazione, elevazione ed un ampliarsi dell'essere mediante la comunione, l'unione o l'identificazione con una coscienza più elevata e più vasta. Questo procedimento per lo sviluppo nella natura è precisamente ciò che si chiama evoluzione. È un alto principio, fino ad ora avvolto e nascosto dietro il velo, apportato e fissato nella coscienza terrestre quale fattore dinamico nel lavoro manifestato dalla natura. La prima fase dell'evoluzione fu lo stato della materia incosciente, degli elementi fisici senza vita. La seconda quella della vita semicosciente della pianta, la terza quella della vita cosciente dell'animale e finalmente la quarta, in cui ci troviamo attualmente, quella della vita cosciente di sé, incarnata nell'uomo.

Il corso dell'evoluzione non è arrivato al punto finale; secondo Sri Aurobindo la prossima fase, che la natura prevede e che si prepara a fare apparire e a stabilire, è la vita, attualmente per noi ultracosciente, incarnata in un tipo ancora superiore, in quello del superuomo o dell'uomo-dio. Il principio di coscienza che determinerà la natura e la costruzione di questo nuovo essere è un principio spirituale al di là di quello mentale, che l'uomo incarna attualmente. Può essere chiamato Supermente o Gnosi.
La mente è stata fino a questo momento l'ultima espressione della coscienza in evoluzione. Nel modo in cui si è sviluppata nell'uomo rappresenta lo strumento più elevato costruito ed organizzato dalla natura, attraverso il quale l'essere cosciente può esprimersi. La coscienza al di là della mente non è ancora un elemento né visibile né dinamico della vita sulla terra; i santi, i veggenti ne hanno avuto dei segni e sono penetrati in essa in gradi e modi diversi; ha gettato le sue illuminazioni sulle attività creatrici dei poeti e degli artisti, sui più nobili slanci degli eroi e dei grandi uomini d'azione. Ma il punto più elevato raggiunto in tale direzione, e che si può dare come esempio nelle discipline spirituali, obbliga l'uomo ad uscire dal ciclo dell'evoluzione per immergersi in un assorbimento statico situato, per così dire, all'estremo opposto: lo Spirito in sé, Atman, Brahman, Satchidananda, Nirvana, il primo senza secondo, lo zero senza unità.
Il primo contatto che si ha con questa super-realtà statica avviene attraverso le più alte sfere della mente: una comunione più diretta ed intima si stabilisce attraverso un piano situato appena al di sopra della mente, la zona sovramentale, come l'ha chiamata Sri Aurobindo. Questo tipo di mente dissolve o supera la coscienza dell'ego che limita l'essere alla formazione individualizzata, inceppato com'è dalle limitazioni esteriori della mente, della vita e del corpo. Rivela il Sé o lo Spirito universale, la divinità cosmica e le miriadi di forze che proiettano miriadi di forme; l'esistenza del mondo appare in quella zona un gioco di veli sempre cangianti, sulla faccia di un'ineffabile realtà come ciclo misterioso di perpetua creazione e perpetua distruzione.
È la visione data da Krishna ad Arjuna nella Bhagavad Gîta.

Il segreto dell'evoluzione è uno slancio verso la liberazione e lo sbocciare della coscienza fuori da un'apparente incoscienza. Nei primi momenti il movimento è assai lento e graduale perché è incosciente nella natura.

Nell'uomo acquisisce la possibilità di essere cosciente e di conseguenza di avere una maggiore celerità d'avanzamento. È, in realtà, la funzione stessa dello yoga: compiere l'evoluzione della coscienza accelerando i procedimenti della natura mediante la volontà cosciente del sé nell'uomo.
Un organo dell'essere umano è stato specialmente sviluppato per divenire lo strumento effettivo di questo procedimento yoghico. La coscienza di sé che ho descritto come il carattere distintivo dell'uomo è una facoltà di quest'organo. Si tratta dell'anima dell'uomo, del suo essere psichico. In origine quest'anima era la scintilla della divina coscienza discesa nella materia, che fin da quel tempo ha tentato di liberarsi attraverso la marcia in avanti dell'evoluzione; nell'uomo ha raggiunto una crescita ed un potere sufficiente per giungere sino alla possibilità di dirigere la propria coscienza esteriore. È anche il canale mediante il quale la coscienza divina può raggiungere i livelli inferiori della natura umana: L'essere non più grande di un pollice, sempre seduto nelle profondità interiori del cuore di cui parlano le Upanishad. Essa è anche la base della vera individualità e dell'identità personale. L'essere psichico o anima, secondo la terminologia aurobindiana, è da una parte in contatto diretto con il Divino e con la coscienza superiore, e dall'altra è il sostegno segreto e il controllo della coscienza inferiore, il nucleo a cui il corpo, la vita e la mente sono organizzati.
Il primo passo decisivo dello yoga viene fatto quando si diviene coscienti dell'essere psichico, oppure, vedendo le cose dall'angolo opposto, quando l'essere psichico si fa avanti e prende possesso dell'essere esteriore incominciando ad influire sui movimenti della mente, della vita e del corpo, liberandoli gradualmente dal giro comune della natura ignorante. Infine, quando l'essere psichico entra in pieno possesso di se stesso e del proprio potere, può divenire il diretto veicolo della coscienza supermentale che potrà in tal modo agire liberamente e assolutamente per la totale trasformazione della coscienza esteriore, trasfigurandola in un corpo perfetto della Verità-Coscienza, nella sua divinizzazione.

Ecco dunque il segreto: la trasformazione e non l'abbandono o l'annullamento della natura umana ordinaria.
L'anima, o vero essere nell'uomo, elevata a coscienza supermentale, è lo scopo che la natura cerca attualmente di realizzare nel suo slancio evolutivo. L'uomo è stato chiamato a compiere questo lavoro affinché in lui ed attraverso di lui, la trascendenza e la trasformazione decretate possano aver luogo. (…) 

Per un uomo, avente come strumento la coscienza di sé o la coscienza dell'essere psichico, l'evoluzione diviene suscettibile di un procedimento concentrato e più rapido che è il procedimento dello yoga. Quanto più lo strumento cresce e riunisce attorno a sé dei poteri, e viene infuso dal soffio divino, tanto più sarà rapido e concentrato. (…) In quanto all'estendersi della realizzazione non è cosa di grande importanza. Non è la quantità, ma la sostanza che conta. Anche se questa si riducesse ad un piccolo nucleo, sarebbe sufficiente almeno per incominciare, sempre che sia la vera e genuina manifestazione.

Anche una piccolissima quantità di Quello ci libera da un gran terrore.
Ma se ci venisse richiesta la prova di quanto abbiamo affermato, se ci chiedessero come potremmo essere certi di non inseguire una chimera, possiamo solamente rispondere con un vecchio e saggio proverbio inglese: La prova del "pudding" si ha quando lo si mangia.


La Trasformazione
La Madre legge, poi commenta un articolo del Bulletin dell'agosto 1950, intitolato: «Trasformazione».
Vogliamo una trasformazione integrale, la trasformazione del corpo e di ogni sua attività. Una volta, quando si parlava di trasformazione, s'intendeva soltanto la trasformazione della coscienza interiore. Si cercava di scoprire dentro di sé la coscienza profonda, mentre si rifiutava il corpo con le sue attività come una cosa ingombrante e inutile; ci si preoccupava soltanto del movimento interiore.

Sri Aurobindo ha dichiarato che ciò non basta; la Verità vuole che anche il mondo materiale partecipi a tale trasformazione e diventi un'espressione della Verità profonda. Ma quando è stato detto questo, la maggior parte della gente ha pensato che fosse possibile trasformare il corpo e le sue attività senza curarsi minimamente di ciò che succedeva interiormente; naturalmente, ciò non è esatto. Prima di poter intra­prendere il lavoro di trasformazione fisica, bisogna che la coscienza interiore sia ben stabilita, saldamente stabilita nella Verità, in modo che tale trasformazione sia l'espressione ultima della Verità — «ultima» per questa volta.
Il punto di partenza di tale trasformazione è la ricettività, e di questo abbiamo già parlato. Essa è la condizione indispensabile per poter ottenere la trasformazione. Poi segue il cambiamento di coscienza. Si è spesso paragonato questo cambiamento di coscienza e la sua preparazione alla formazione del pulcino nell'uovo: fino all'ultimo secondo l'uovo rimane simile a se stesso, senza alcun cambiamento; è soltanto quando il pulcino è completamente for­mato, perfettamente vivo, che esso fa un buco nel guscio con il becco e poi esce. Qualcosa di simile avviene in noi al momento del cambiamento di coscienza. Per molto tempo avete l'impressione che non accada niente, che la vostra coscienza sia come al solito e, se avete un'aspirazione intensa, sentite persino una resistenza, co­me se urtaste contro un muro che non vuole cedere. Ma quando siete pronti interiormente, un ultimo sforzo, un colpo di becco nel guscio dell'essere, e tutto si apre, ed eccovi proiettati in un'altra coscienza.

Ho detto che era «una rivoluzione dell'equilibrio di base», cioè un rovesciamento totale della coscienza, paragonabile a quanto accade alla luce quando passa attraverso un prisma. Oppure è come se si rivoltasse una palla: si porta cioè il dentro al di fuori, il che si può fare soltanto nella quarta dimensione. Si esce dalla coscienza comune della terza dimensione per entrare nella coscienza superio­re della quarta dimensione, e in un numero infinito di dimensioni. Questo è il punto di partenza indispensabile. A meno che la vostra coscienza non cambi dimensione, essa rimarrà tale quale è ora, con una visione superficiale delle cose, mentre le profondità vi sfuggi­ranno.(...)
La Madre - Conversazioni 6 gennaio 1951


LA TRASFORMAZIONE DELLA COSCIENZA
Tuttavia, esiste un primo passo, assolutamente indispensabile, che deve essere compiuto prima che qualunque altra opera possa essere intrapresa: è la trasformazione della coscienza. Il punto di partenza è, con ogni evidenza, l'aspirazione verso tale trasformazione e la volontà di realizzarla, giacché‚  senza di ciò nulla può essere compiuto; ma se all'aspirazione si aggiunge un'apertura interiore, una sorta di ricettività, diventa possibile penetrare d'un solo colpo in questa coscienza trasformata e permanervi. Tale cambiamento di coscienza è, per così dire, brusco; esso si produce in maniera improvvisa, per quanto lunga e lenta possa essere stata la preparazione. 

Non mi riferisco qui a un semplice cambiamento dal punto di vista mentale, bensì a un cambiamento della coscienza stessa. Si tratta di un cambiamento completo e assoluto, una rivoluzione dell'equilibrio di base; il movimento corrisponde al rivoltare un pallone dall'interno all'esterno. Per la coscienza trasformata, tutto appare non soltanto nuovo e differente, ma quasi l'opposto di quanto appariva alla coscienza ordinaria. Nella coscienza ordinaria si avanza lentamente, attraverso esperienze successive, dall'ignoranza verso una conoscenza assai relativa e il più delle volte discutibile. Nella coscienza trasformata il punto di partenza è la conoscenza e si avanza di conoscenza in conoscenza. E questo non è che un inizio, poiché‚ la coscienza esteriore, le diverse gradazioni e parti dell'essere esteriore e dinamico non si trasformano che lentamente e gradualmente, come una conseguenza della trasformazione interiore.
C'è un cambiamento parziale della coscienza che fa perdere ogni interesse nei confronti delle cose che si era abituati a considerare come desiderabili; ma si tratta semplicemente di un cambiamento di coscienza, e non di quanto noi chiamiamo trasformazione, in quanto questa è fondamentale e assoluta; e non si tratta solo di un cambiamento, è un ribaltamento della coscienza: l'essere si ripiega, per così dire, e si situa in una posizione completamente diversa. Nella coscienza così ripiegata, l'essere si tiene al di sopra della vita e delle cose, e da lì si occupa di esse; è al centro di tutto e da lì dirige la sua azione verso l'esterno. Viceversa, nella coscienza ordinaria, l'essere si colloca al di fuori e al di sotto; dall'esterno, cerca di raggiungere il centro; dal basso, schiacciato sotto il peso della propria ignoranza e della propria cecità, lotta disperatamente per elevarsi al di sopra di esse. La coscienza ordinaria ignora ciò che le cose sono in realtà, non ne vede che il guscio. Mentre la vera coscienza si trova al centro, nel cuore della realtà e possiede la visione diretta dell'origine di tutti i movimenti. Situata dentro e in alto, conosce la sorgente, la causa e l'effetto di tutte le cose e di tutte le forze. E, ripeto, questo capovolgimento è immediato. 

Qualcosa si apre e ci si trova d'un tratto in un mondo nuovo. Il cambiamento può non essere finale e definitivo sin dall'inizio, può richiedere talvolta del tempo per installarsi in modo permanente e diventare la normale natura. Però, una volta che il cambiamento ha avuto luogo, è là come principio, una volta per tutte; dopodichè, diventa necessario esprimerlo progressivamente nei dettagli della vita concreta. La prima manifestazione della coscienza trasformata sembra essere sempre brusco.

Non ci si sente cambiare lentamente e in modo graduale da uno stato all'altro; ci si sente come risvegliati all'improvviso, o come appena nati. Nessuno sforzo del pensiero può condurre a tale cambiamento, giacchè‚ non è possibile immaginare con il pensiero di che si tratta, così come nessuna descrizione mentale può essere adeguata. E questo è il punto di partenza di qualunque trasformazione integrale.

La Madre - Bullettin agosto 1950


LA COSCIENZA E IL CORPO FISICO
L'opera di Sri Aurobindo è una trasformazione della terra, unica nel suo genere.
La coscienza è come una scala. In ogni epoca c'è stato un grande essere che ha aggiunto un gradino, raggiungendo una zona dove la coscienza umana non era mai arrivata. E anche possibile raggiungere un livello talmente elevato da uscire completamente dalla coscienza materiale, ma in questo caso si abbandona la scala! Invece, il massimo risultato delle grandi epoche mondiali, è stato poter aggiungere un gradino alla scala senza perdere il contatto con il mondo materiale, poter raggiungere il Supremo mantenendo il collegamento tra la sommità e la base, senza lasciare una specie di vuoto tra un piano e l'altro. 

Ogni volta che l'Avatar aggiunge un gradino alla scala, c'è una nuova creazione sulla terra. Il gradino che sta per essere aggiunto ora, Sri Aurobindo lo ha chiamato il Sopramentale. Il suo risultato permetterà alla coscienza di entrare nel mondo sopramentale mantenendo intatta la forma personale, la propria individualità, e ridiscendere per stabilire quaggiù una nuova creazione.

Certamente, questo non sarà l'ultimo gradino: esistono regioni dell'essere ancora più remote; ma ora noi lavoriamo per far discendere il sopramentale, perché‚ possa effettuare una riorganizzazione del mondo, riconducendolo al suo vero ordine divino.

Si tratta essenzialmente di una creazione d'ordine, un porre ogni cosa al suo vero posto, e lo spirito responsabile o forza, la Shakti attiva al momento è Mahasaraswati, la Dea della perfetta organizzazione.
Appena le condizioni saranno pronte nel mondo, avrà luogo la discesa completa del sopramentale; e porterà tutto con sé. Il corpo sopramentale che deve venire all'esistenza possiederà quattro attributi principali: leggerezza, adattabilità, plasticità, luminosità. 

Quando il corpo fisico sarà del tutto divinizzato, avrà l'impressione di viaggiare sempre nell'aria e non vi sarà più né pesantezza, né tamas, né incoscienza. Neanche al suo potere di adattamento vi saranno più limiti: quali che siano le condizioni cui si troverà, il corpo sarà immediatamente all'altezza della necessità, la sua piena coscienza rifiuterà l'inerzia e l'incapacità che rendono abitualmente la materia una palla al piede per lo Spirito. 

La plasticità sopramentale gli permetterà di opporsi agli attacchi di qualsiasi forza ostile che tentasse di entrare in lui - non che esso opporrà una pesante resistenza all'attacco, anzi, al contrario: si renderà così flessibile da annullare la forza, cancellandosi dinanzi a essa e lasciandola passare. Niente gli potrà nuocere e uscirà indenne dagli attacchi più mortali. In ultimo, il corpo sarà trasformato nella sostanza stessa della luce, e ogni cellula irradierà la gloria sopramentale. 

Non solo quelli che sono abbastanza sviluppati per possedere la visione sottile saranno capaci di percepire questa luminosità, ma anche gli uomini comuni. Sarà un fatto evidente per tutti, una prova permanente della trasformazione che convincerà anche i più scettici.

La trasformazione del corpo fisico costituirà la suprema rinascita spirituale -  un gettar via in modo assoluto tutto il passato ordinario. Perché rinascita spirituale significa buttare via costantemente le nostre precedenti associazioni e circostanze e vivere come se ogni momento fosse vergine e dovessimo iniziare una nuova vita. In altre parole essere liberi da ciò che si chiama Karma, il flusso delle nostre azioni passate: cioè una liberazione dalla schiavitù delle comuni attività di causa ed effetto della Natura. (...) 

Questa libertà non è una mera questione di pensiero, è il più solido, pratico fatto materiale. Saremo veramente liberi, nulla ci legherà o ci toccherà, non vi sarà nessuna ossessione di responsabilità. Ma, se vogliamo contrastare, annullare o sbarazzarci del nostro passato, non potremo farlo con il mero pentimento o cose simili, dovremo trattare questo passato non trasformato come se non fosse mai esistito ed entrare in uno stato illuminato di coscienza libera da tutti gli ormeggi. Rinascere significa entrare, prima di tutto, nella nostra coscienza psichica in cui siamo uno con il Divino e eternamente liberi dalle reazioni del Karma. Senza la presa di coscienza dello psichico, nulla sarà possibile; ma una volta che saremo divenuti, con certezza,  consapevoli della vera anima in noi, che è sempre arresa al Divino, cesserà ogni schiavitù.

Quindi la vita ricomincia senza sosta e il passato non può rimanere attaccato a noi. Per darvi un'idea dell'altezza finale della rinascita spirituale, posso dire dell'esperienza costante dell'intero universo che ad ogni istante scompare e ad ogni istante è nuovamente creato!
La Madre - Conversazioni 1931


Tracce per la sadhana
(...) Lo scopo dello yoga è aprire la coscienza al Divino, vivere sempre più profondamente nella coscienza interiore e mentre si agisce da lì sulla vita esteriore, portare in primo piano l'essere psichico più profondo, usando il suo potere per purificare e cambiare l'individuo sino a renderlo pronto per la trasformazione e unirlo alla Coscienza, alla Volontà e all'Amore divini. In un secondo tempo si cercherà di sviluppare la coscienza yoghica, ossia di universalizzare l'essere su tutti i piani, di divenire consapevoli dell'essere cosmico e delle forze cosmiche e di unirsi al Divino su tutti i piani sino a quello sovramentale. 

In terzo luogo, mediante la coscienza supermentale, si dovrà entrare in contatto col Divino trascendente, situato oltre il piano sovramentale, supermentalizzando la coscienza e la natura, facendo di sé lo strumento per la realizzazione della divina Verità dinamica e per la sua discesa che trasformerà la natura terrestre. (...)

(...) Questa trasformazione non può essere fatta né individualmente né soltanto seguendo la via solitaria. Nessuna trasformazione individuale solitaria, senza curarsi del lavoro per la Terra (che ha un significato ben più grande di qualsiasi trasformazione individuale), sarebbe possibile o utile. E nessun essere umano individuale può, mediante il proprio solo potere, operare la trasformazione e d'altra parte non è scopo dello Yoga di creare qui o là un superuomo. 

Lo scopo è quello di far discendere sulla terra la coscienza supermentale, di fissarla e di creare una nuova razza in cui il principio di questa coscienza diriga la vita interiore ed esteriore, individuale e collettiva. Questa forza, accettata dagli individui, uno dopo l'altro, secondo la loro preparazione, instaurerebbe la coscienza supermentale nel mondo fisico, creando in tal modo un nucleo per la propria espansione.(...)

(...) Un silenzio ricettivo della mente, l'annullamento dell'ego mentale, la riduzione dell'essere mentale alla posizione di testimone, l'intimo contatto con il Potere divino e l'apertura dell'essere a quest'unico Influsso e a nessun altro, sono le condizioni richieste per divenire uno strumento del Divino, mosso da questo e solo da questo.

Il silenzio mentale non è di per sé sufficiente per acquisire la coscienza supermentale; esistono molti stati, piani o livelli di coscienza tra la mente umana e la Supermente. Il silenzio apre la mente e il resto dell'essere a cose di più vasta portata, talvolta alla coscienza cosmica, talvolta all'esperienza del Sé silenzioso, a volte a quella della Presenza o del Potere divini, a volte infine a una coscienza superiore a quella della mente umana; il silenzio mentale rappresenta la condizione più favorevole perché avvenga una qualsiasi di queste esperienze.
Nel nostro yoga è la migliore (anche se non la sola) per la discesa del Potere divino, dapprima sulla coscienza individuale, poi dentro di essa, in modo da operare la trasformazione, offrendole le necessarie esperienze, cambiando tutte le sue prospettive e i suoi movimenti, conducendola di stadio in stadio, finché sia preparata per l'ultima trasformazione: la trasformazione supermentale. (...) 

(...) Ampiezza e calma sono le basi della coscienza yoghica e la condizione migliore per la crescita e l'esperienza interiori. Se si riesce a stabilire nella coscienza fisica una vasta calma che occupi e riempia il corpo stesso e tutte le sue cellule, può divenire la base della sua trasformazione; in realtà, senza questa ampiezza e calma la trasformazione sarebbe difficilmente possibile. (...)
(...) È molto imprudente da parte di chiunque pretendere di possedere prematuramente la Supermente o anche d'averne un assaggio. Questa pretesa è generalmente unita a un eccesso di super-egoismo, ad un radicale errore di percezione o ad una volgare caduta, ad una falsa condizione e ad un falso movimento. Una certa umiltà spirituale, la visione di sé seria e priva di arroganza, la tranquilla percezione delle imperfezioni della nostra attuale natura e, al posto dell'amor proprio e dell'affermazione di se stesso, il senso della necessità di superare il proprio io attuale, non per un'ambizione egoista ma per uno slancio verso il Divino, mi sembra che, per questo fragile agglomerato umano e terrestre, sarebbero assai migliori condizioni per proseguire verso la trasformazione supermentale. (...)

(...) La calma, il discernimento, il distacco, senza indifferenza, sono tutti molto importanti, perché i loro opposti ostacolano notevolmente l'azione trasformatrice. L'intensità dell'aspirazione è necessaria, ma dev'essere accompagnata dalla calma, dal discernimento e dal distacco. Non bisogna avere nessuna fretta e nessuna inerzia, né eccessiva impazienza rajasica né scoraggiamento tamasico, bensì un richiamo e un'azione regolari, persistenti e tuttavia calmi. Non bisogna strappare né ghermire la realizzazione, lasciandola invece giungere dall'intimo e dall'alto, osservandone con precisione il campo, la natura, i limiti.

Lasciate operare in voi il potere della Madre, tuttavia state attenti ad evitare che vi si mescoli o vi si sostituisca l'azione d'un ego magnifico o di una forza dell'Ignoranza che si faccia passare per la Verità. Aspirate soprattutto ad eliminare qualsiasi oscurità e incoscienza nella natura.

Tali sono le condizioni fondamentali per prepararsi alla trasformazione supermentale.(...)

(...) Gli ostacoli sono normali all'inizio della sadhana; provengono da una natura non ancora abbastanza ricettiva. Bisogna scoprire se l'ostacolo si nasconde nella mente o nel vitale, cercando d'ampliare la coscienza in quel punto di noi stessi, di portarvi maggiore pace e purezza e, nella pace e nella purezza, offrire sinceramente e totalmente al Potere divino questa parte dell'essere.

Ogni componente della nostra natura vuol continuare i vecchi movimenti e rifiuta, per quanto può, di accettare un cambiamento e un progresso radicali, perché lo sottoporrebbero a qualche cosa di superiore ad esso, capace di privarlo della sovranità nel proprio dominio, del proprio impero separato. Per questo la trasformazione è un processo lungo e difficile.(...)

(...) Se volete ottenere il vero controllo e la trasformazione dei moti vitali, potete farlo solo a condizione di lasciare che il vostro essere psichico, l'anima in voi, si svegli completamente, stabilisca il suo regno, apra tutto l'essere al contatto permanente della Shakti divina e imponga alla mente, al cuore e alla natura vitale, la sua disposizione psichica di pura devozione, d'ardente aspirazione e di slancio totale, senza compromessi verso tutto ciò che è divino.

Non c'è nessun altro modo ed è inutile sospirare dietro un cammino più confortevole.

nanyah pantha vidyate ayanaya
(Svetasvatara Upanishad, 615): non esiste nessun altro cammino per essere liberati.(...)

(...) Il Divino si dà a coloro che si danno al Divino, senza riserve e in tutte le parti del loro essere. Ad essi la calma, la luce, il potere, la beatitudine, la libertà, l'ampiezza, le sommità della conoscenza e gli oceani dell'ananda. Parlare di sommissione o non avere che una pallida idea, un tepido desiderio della consacrazione integrale, non basta; bisogna volere con slancio la trasformazione radicale e totale.

Non è adottando un semplice atteggiamento mentale che si può ottenere la trasformazione, e neppure mediante le numerose esperienze interiori che lasciano l'uomo esteriore immutato. È l'uomo esteriore che deve aprirsi, sottomettersi e cambiare. La più piccola delle sue abitudini, delle sue azioni, il più piccolo dei suoi movimenti dev'essere sottomesso, veduto, presentato, esposto alla Luce divina, offerto alla Forza divina affinché le sue antiche forme e moventi siano distrutti, e la Verità divina e l'azione della coscienza trasformatrice della Madre divina, li sostituiscano.(...)

Domanda: Quali sono i principali ostacoli che sbarrano la strada della trasformazione?
Risposta di Sri Aurobindo: Non ci sono che tre ostacoli che lo possono fare:
1) L'assenza di fede o una fede insufficiente.
2) L'egoismo, la mente che si aggrappa alle proprie idee; il vitale che preferisce i propri desideri a una vera sommissione; l'essere fisico che rimane attaccato alle proprie abitudini.
3) L'inerzia, o una resistenza fondamentale nella coscienza che persiste nel non voler cambiare perché lo sforzo è troppo arduo, o perché non vuole credere nella propria capacità o nel potere del Divino, o per qualche altro movente meno cosciente. Dobbiamo cercare in noi stessi quale di queste ragioni sia la vera.
Tracce per la sadhana tratte da Guida allo yoga di Sri Aurobindo


Trasformazione
Il mio respiro corre in un flusso ritmico sottile;
esso riempie le mie membra con un potere divino:
ho bevuto l'Infinito come il vino di un gigante.
Il tempo è il mio dramma o la mia parata onirica.
Ora le mie cellule illuminate sono lo schema fiammeggiante della gioia,
e mutati i miei nervi, vibranti e ramificati,
in sottili canali d'estasi opale e ialina
per l'afflusso dell'Ignoto e del Supremo.
Non sono più un vassallo della carne,
uno schiavo della natura e della sua plumbea legge;
non sono più preso nelle strette maglie dei sensi.
La mia anima sconfinata si allarga in uno sguardo smisurato,
il mio corpo è vivente e felice strumento di Dio,
il mio spirito un vasto sole di luce immortale.

Sri Aurobindo - Collected poems Sonnets 1930-50
 
Fonte: Link

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