Faust: "Chi sei?"
Mefistofele: "Sono quella forza che vuole sempre il male e opera sempre il bene".
(Goethe, "Faust", atto I.)
Chi era Faust? Un mago che aveva venduto l’anima al demonio o un ciarlatano?
Ciarlatano o prodigio?
La vita di Georgius Sabellicus Faustus ha ispirato opere di illustri artisti ma cerchiamo di far luce su questo misterioso personaggio divenuto simbolo di arroganza e di dannazione.
Una morte misteriosa
In una notte del 1540, un terrificante frastuono scosse i muri della Locanda del Leone. Urla, boati e un rombo singolare spaventarono il vicinato e solo all’alba l’oste trovò il coraggio di bussare alla porta della stanza assegnata allo strano ospite di nome Faust.
Non ricevendo risposta, aprì tremante la porta: orrendamente mutilato e sfigurato, il famoso mago giaceva senza vita in mezzo a mobili rotti.
La spiegazione del mistero della sua morte si può leggere su una lapide posta sulla parete di quella locanda del Wurttemberg, in Germania: “Uno dei demoni più potenti, quel Mefistofele di cui egli si dichiarava parente, gli spezzò il collo, essendo il patto scaduto dopo 24 anni, e ne consegnò l’anima alla dannazione eterna”.
Il fatto avvenne verso il 1540 ma i resoconti contemporanei discordano sulla data; concordano solo nel riferire che Magister Georgius Sabellicus Faustus Junior, come egli si firmava, era famoso in tutta Europa, impostore o autentico stregone che fosse.
Ciarlatano o prodigio?
Una presentazione di Faust ci perviene dall’opera di un pastore protestante, Johann Gast, il quale scrisse che il cavallo e il cane del negromante erano, in realtà, spiriti demoniaci posti al suo fianco in base al contratto stipulato con Satana.
Un altro autore definì Faust “bestia immonda, valletto di molti diavoli”; l’abate Tritemio, stimato e autorevole studioso di demonologia e di scienze occulte, liquidava il suo famoso contemporaneo con la qualifica di folle e ciarlatano, meritevole di essere frustato.
È curioso che, nonostante il personaggio fosse al centro di critiche così pesanti, della sua vita si sappia ben poco.
Probabilmente Faust si laureò, con il nome di Johann Faust, all’Università di Heidelberg nel 1509; in seguito si trasferì in Polonia per studiare scienze naturali e presto si fece conoscere in giro come astrologo e negromante rendendosi inviso all’Università di Erfurt.
Sappiamo che nel 1520 Faust si trovava presso la corte di Giorgio III, principe vescovo di Bambega, al quale faceva l’oroscopo fregiandosi del titolo di “astrologo di corte del principe-vescovo”. Otto anni dopo, con il nome di Jorg Faustus l’indovino, fu cacciato dalla città di Ingolstadt.
Per un certo tempo insegnò in un collegio a Norimberga ma nel 1532 fu licenziato e bandito dalla città con l’accusa di corrompere i suoi allievi.
Una notevole resistenza
Il Faust storico doveva possedere notevoli doti di resistenza, visto che riusciva sempre a risollevarsi dopo essere caduto in disgrazia. Se la cavava brillantemente distribuendo biglietti da visita in cui si presentava come “Fonte dei negromanti, Astrologo, Assistente mago, Chiromante, Aeromante, Piromante, Assistente di Idromanzia”.
Nel 1536 Faust ebbe due clienti importanti tra le fila: un senatore di Wurzburg, che desiderava un pronostico sull’esito della guerra combattuta da Carlo V contro il re di Francia, e un avventuriero tedesco, che stava preparando una spedizione in Sud America alla ricerca dell’Eldorado e voleva sapere se vi sarebbe riuscito.
A quanto pare Faust soddisfece entrambi e all’avventuriero tedesco dette una risposta dettata più dal buonsenso che dalla preveggenza: gli predisse che la missione non avrebbe avuto successo perché l’Eldorado non esisteva.
Una scienza ambigua
Oggi è difficile comprendere l’atteggiamento dell’epoca rinascimentale verso le cosiddette “scienze” praticate da Faust e da altri negromanti. L’astrologia per esempio era considerata una scienza degna e di tutto rispetto anche fra le persone più colte. Anche la “magia bianca” era accettata, perché vista come un tentativo di scoprire e di dominare le forze della natura con metodi naturali.
Se si deve prestare fede alla leggenda, però, Faust era uno di coloro che osavano praticare la “magia nera”, accettando i rischi spirituali derivanti dall’associarsi ai demoni per acquisire la conoscenza dell’occulto.
Queste arti diaboliche, in contrasto con la società clericale del tempo, avevano sicuramente grande presa sulla gente comune, fra cui Faust mieteva i suoi maggiori successi.
Come tanti altri, anche Faust praticava l’alchimia per cercare attraverso essa la “pietra filosofale” la sostanza capace di trasformare i metalli vili in oro.
Alcuni studiosi sostengono che egli sia stato uno dei “veri alchimisti”, che si proponevano di raggiungere la perfezione interiore e di purificare l’anima con lo studio severo e solitario.
Secondo questa ipotesi, le molte lacune nella sua storia corrisponderebbero a periodi di isolamento, durante i quali, messo da parte un po’ di denaro guadagnato con la pratica delle arti magiche, poteva permettersi di approfondire i suoi studi. Ma questa è una chiave di lettura che trova pochi sostenitori.
Alla fine del Cinquecento il suo nome era definitivamente legato alle arti magiche. Perfino Lutero, la cui denuncia degli abusi della Chiesa cattolica aveva dato l’avvio alla Riforma protestante, asseriva di chiedere aiuto a Dio affinché lo salvasse dai demoni che Faust gli scagliava contro.
La leggenda
I tempi erano indubbiamente maturi perché intorno a Faust fiorisse la leggenda. In un’epoca dominata dal cristianesimo, cattolico o protestante che fosse, era scontato che le verità rivelate e le verità proposte dalla scienza umana dovessero entrare in conflitto. In effetti, fin dal VI secolo, il sapere laico era considerato malvagio, tanto da far sorgere numerose leggende sui sapienti che avrebbero venduto l’anima al diavolo pur di acquisire la conoscenza dell’occulto.
Teofilo, arcidiacono paleocristiano, si diceva avesse avuto traffici con Satana, e papa Silvestro II, un erudito molto avanzato rispetto ai suoi tempi, era da tanti ritenuto in contatto con gli spiriti infernali. Ancora prima, agli albori del Cristianesimo, alcuni mistici ebrei avevano operato incantesimi in grado di evocare Satana, e queste formule si trovano nei libri di magia circolanti al tempo di Faust.
E non si deve dimenticare che, a quell’epoca, quasi tutti credevano nella potenza della stregoneria e nei demoni, sempre indaffarati a servire la causa del diavolo.
La riforma protestante fu un elemento non trascurabile nell’enorme popolarità della leggenda di Faust. Per i sostenitori del movimento che, giudicando corrotta la fede ufficiale della Chiesa cattolica, propugnavano il ritorno alla “pura parola di Dio”, le ricerche di Faust nell’ambito delle scienze occulte erano empie al pari di ogni altra ribellione dell’intelletto umano alle leggi della Bibbia. Secondo la fede protestante più ortodossa, il negromante meritava la dannazione eterna semplicemente per aver anteposto la conoscenza umana a quella divina.
La letteratura faustiana
Dalla Germania, la fama di Faust si diffuse velocemente grazie alla Storia di Johann Faust (il cosiddetto Faustbuch) di autore anonimo, pubblicata nel 1587.
L’opera, considerata da taluni critici il primo romanzo tedesco di rilievo, si dimostrò subito di grande interesse per il pubblico, tanto da essere tradotta in diverse lingue.
La prima opera di successo apparve nel 1594, in Inghilterra, un anno dopo la morte misteriosa dell’autore, Marlowe. L’opera avrebbe influenzato tutta la letteratura faustiana nei 200 anni successivi. Il Faust di Marlowe non è un imbroglione ma desidera l’aiuto di Satana per impadronirsi della conoscenza di ogni possibile esperienza umana e per questo dovrà pagare con l’anima per essersi ribellato alla parola di Dio.
La più importante rielaborazione letteraria della vita di Faust doveva vedere la luce nell’Ottocento con l’opera di Goethe.
Il messaggio del Faust di Goethe sta nella rivelazione che l’uomo può raggiungere nobiltà e bontà, malgrado il male insito nella sua natura stessa e, probabilmente, nessun altro artista ha raggiunto la profondità filosofica e psicologica del capolavoro di Goethe.
Anche noti musicisti come Berlioz e Gounod trattarono l’argomento ma perché la morte violenta di un ciarlatano vissuto nel Cinquecento ha attirato così spesso la letterati e musicisti? Forse la risposta è nella lapide della Locanda del Leone, in cui si dice che Faust, malgrado la sua fine da dannato, godette per 24 anni del potere e della voluttà dei segreti proibiti del male. Proibiti….ma seducenti.
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