Per accorgersi dell'esistenza della maggior parte dei geoglifi, l'umanità ha dovuto attendere di poter volare. Infatti, a parte quei pochi disegni terrestri noti da sempre, come ad esempio quelli nel sud dell'Inghilterra, pochi sanno che la prima volta che qualcuno potè vedere e far sapere al mondo delle "linee di Nazca" fu solo nel 1927 grazie al pilota RAF Percy Maitland, che volandoci sopra per caso scoprì con grande sorpresa i più famosi geoglifi del pianeta.
In questi ultimissimi anni, anche grazie al numero crescente di satelliti in orbita intorno alla Terra, alla loro potenza di scannerizzazione, e all'utilizzo praticamente domestico con cui si può accedere ad essi, moltissime anomalie del suolo terrestre stanno saltando fuori un po' da tutto il mondo: in genere questo accade in seguito a studi e progetti di gruppi di ricerca archeologica e scientifica, ma come è successo recentemente capita talvolta che ad individuare resti di antichi insediamenti sconosciuti siano semplici appassionati intenti a scrutare il globo con Google Earth.
In un modo o nell'altro si è scoperto che l'arte di comporre geoglifi che sembrava un' eccentrica anomalia tipica di alcune culture antiche come ad esempio quella Nazca, fu in realtà un'usanza piuttosto diffusa, visto che ormai se ne contano diversi un po' dappertutto sul nostro pianeta. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati individuati in alcunie zone desertiche del Medio Oriente, più precisamente in Giordania, Libia, Egitto e Arabia Saudita, ma come detto, se ne trovano praticamente in ogni continente, soprattutto in zone molto aride in cui il clima ha potuto risparmiarne le fattezze. In questo caso però non si tratta di qualche linea creata qui e là, ma come sostiene il prof. David Kennedy, docente di storia classica e antica all'University of Western Australia, nel solo Medio Oriente ci sono migliaia di questi "disegni", più o meno complessi, i cui particolari usciranno a breve in un suo articolo che sarà pubblicato sulla rivista "Journal Of Arechaelocigal Science".
Differentemente da quelli peruviani che sono praticamente delle linee tracciate spostando la sabbia desertica ed esponendo il suolo più chiaro, i geoglifi mediorientali sono stati creati con delle pietre, ed inolte secondo il prof. Kennedy, nella sola Giordania quest'ultimi sarebbero molto più estesi, in maggior numero di quelli già numerosi di Nazca, e molto più antichi. Le forme come in tutto il mondo ricalcano figure di animali, simboli e strutture geometriche di vario tipo, mentre le più tipiche sembrano descrivere delle "ruote", ovvero degli strani cerchi con talvolta dei raggi che si dipartono dal centro, in cui i più immaginifici potranno certamente vedere delle similitudini con le raffigurazioni classiche dell'iconografia ufologica. Le varie tribù nomadi che da secoli solcano le piste desertiche che attraversano questi geoglifi li chiamano "i lavori degli uomini antichi": purtroppo il passaggio delle carovane ha certamente stravolto, almeno in parte i disegni originali che i loro avi avevano avuto la cura di immortalare sulla pelle ruvida del pianeta.
In generale questo genere arte antichissima, a differenza di tutte le altre testimonianze figurative dei nostri progenitori, ha in sè qualcosa di profondamente atipico e misterioso: innanzi tutto è scontato che per godere della visione ottimale di tali raffigurazioni bisogna guardarle dell'alto, ma questi sono per lo più stati fatti in luoghi desertici, dove non esistono alture, e in periodi in cui l'uomo non era neanche lontanamente in grado di vincere la forza di gravità e volare. Perchè quindi darsi tanta pena per realizzare complesse e intricate linee, disegnando diversi soggetti emblematici, per non poterne mai apprezzare il risultato? Se non per gli occhi degli uomini, per chi sono stati realizzati? Inoltre tali raffigurazioni non hanno nessun riferimento preciso a funzioni religiose note, rituali particolari, allineamenti astronomici, o ad altro scopo evidente per il quale essere realizzate, e nessuno è ancora riuscito a comprenderne il senso o la necessità. Benchè negli anni, soprattutto in riferimento a Nazca, siano fiorite numerose ipotesi per spiegare il moltiplicarsi di tali creazioni, i risultati di tali interpretazioni risultano piuttosto aleatorie, se non del tutto ridicole, prescindendo in modo macroscopico dal bilanciare tanto lavoro di realizzazione e progettazione, con il beneficio ottenibile. Infatti le tesi più in voga attualmente propugnate da insigni archeologi specialisti, vanno dai percorsi rituali, alle indicazioni per trovare corsi d'acqua sotterranei, a cerimoniali non ben identificati. Oltre a queste ne esistono di ben più strampalate, le quali benchè ugualmente non provabili, nascono in genere da studiosi del paranormale e dell'ufologia da baraccone: la teoria più famosa e condivisa in questi ambienti è certamente quella che vede nelle linee, indicazioni "stradali se non vere e proprie piste d'atterraggio per gli extraterrestri. Tutto questo fiorire di idee bizzarre nasce però dal fatto che effettivamente si è ben lontani da trovare una spiegazione razionale valida e soddisfacente, e nessuno è ancora riuscito ad intuire e a spiegare i significati autentici e la proliferazione di tanti geoglifi in giro per il mondo. Dunque c'è stato un periodo nel passato dell'uomo in cui per qualche motivo diverse popolazioni, autonomamente sentirono la necessità di adoprarsi per tracciare numerose e complicate raffigurazioni, abbastanza grandi e nella giusta traiettoria affinche potessero essere osservate dall'alto, e da distante. In alternativa alle ipotesi meno razionali resta da capire dunque come mai il fenomeno racchiuda in sè per lo meno una tale valenza archetipica, visto che antiche culture le più disparate, da tutte le parti del globo, anche se impossibilitate nella reciproca conoscenza, e quindi nell'imitarsi a vicenda, abbiano sentito la necessita di raffigurare forme gigantesche sulla crosta terrestre. Certo è che non è facile riuscire a comprendere nelle attuali teorie storiche una coicidenza del genere; come per le piramidi lo sarebbe solo ammettendo l'impossibile, riscrivendo da principio la possibilità di contatto tra i vari continenti, e di conseguenza dello sviluppo tecnologico raggiunto dagli antichi, rivalutando per sempre le capacità, gli usi e i costumi di popolazioni intese oggi ancora come primitive. Un gran colpo di fortuna sarebbe quello di trovare una sorta di "stele di Rosetta", un qualcosa che ci permetta di entrare nella mente dei nostri progenitori e penetrarne i segreti, rivoluzionando il nostro sguardo sulle loro capacità dipanandoi tanti misteri che attualmente non siamo in grado di risolvere.
In generale questo genere arte antichissima, a differenza di tutte le altre testimonianze figurative dei nostri progenitori, ha in sè qualcosa di profondamente atipico e misterioso: innanzi tutto è scontato che per godere della visione ottimale di tali raffigurazioni bisogna guardarle dell'alto, ma questi sono per lo più stati fatti in luoghi desertici, dove non esistono alture, e in periodi in cui l'uomo non era neanche lontanamente in grado di vincere la forza di gravità e volare. Perchè quindi darsi tanta pena per realizzare complesse e intricate linee, disegnando diversi soggetti emblematici, per non poterne mai apprezzare il risultato? Se non per gli occhi degli uomini, per chi sono stati realizzati? Inoltre tali raffigurazioni non hanno nessun riferimento preciso a funzioni religiose note, rituali particolari, allineamenti astronomici, o ad altro scopo evidente per il quale essere realizzate, e nessuno è ancora riuscito a comprenderne il senso o la necessità. Benchè negli anni, soprattutto in riferimento a Nazca, siano fiorite numerose ipotesi per spiegare il moltiplicarsi di tali creazioni, i risultati di tali interpretazioni risultano piuttosto aleatorie, se non del tutto ridicole, prescindendo in modo macroscopico dal bilanciare tanto lavoro di realizzazione e progettazione, con il beneficio ottenibile. Infatti le tesi più in voga attualmente propugnate da insigni archeologi specialisti, vanno dai percorsi rituali, alle indicazioni per trovare corsi d'acqua sotterranei, a cerimoniali non ben identificati. Oltre a queste ne esistono di ben più strampalate, le quali benchè ugualmente non provabili, nascono in genere da studiosi del paranormale e dell'ufologia da baraccone: la teoria più famosa e condivisa in questi ambienti è certamente quella che vede nelle linee, indicazioni "stradali se non vere e proprie piste d'atterraggio per gli extraterrestri. Tutto questo fiorire di idee bizzarre nasce però dal fatto che effettivamente si è ben lontani da trovare una spiegazione razionale valida e soddisfacente, e nessuno è ancora riuscito ad intuire e a spiegare i significati autentici e la proliferazione di tanti geoglifi in giro per il mondo. Dunque c'è stato un periodo nel passato dell'uomo in cui per qualche motivo diverse popolazioni, autonomamente sentirono la necessità di adoprarsi per tracciare numerose e complicate raffigurazioni, abbastanza grandi e nella giusta traiettoria affinche potessero essere osservate dall'alto, e da distante. In alternativa alle ipotesi meno razionali resta da capire dunque come mai il fenomeno racchiuda in sè per lo meno una tale valenza archetipica, visto che antiche culture le più disparate, da tutte le parti del globo, anche se impossibilitate nella reciproca conoscenza, e quindi nell'imitarsi a vicenda, abbiano sentito la necessita di raffigurare forme gigantesche sulla crosta terrestre. Certo è che non è facile riuscire a comprendere nelle attuali teorie storiche una coicidenza del genere; come per le piramidi lo sarebbe solo ammettendo l'impossibile, riscrivendo da principio la possibilità di contatto tra i vari continenti, e di conseguenza dello sviluppo tecnologico raggiunto dagli antichi, rivalutando per sempre le capacità, gli usi e i costumi di popolazioni intese oggi ancora come primitive. Un gran colpo di fortuna sarebbe quello di trovare una sorta di "stele di Rosetta", un qualcosa che ci permetta di entrare nella mente dei nostri progenitori e penetrarne i segreti, rivoluzionando il nostro sguardo sulle loro capacità dipanandoi tanti misteri che attualmente non siamo in grado di risolvere.
Di contro in realtà è possibile che sia tutto molto più semplice di quanto crediamo, ed è solamente colpa nostra che abbiamo perso il contatto concettuale con questi popoli; la nostra civiltà ha dimenticato tutto a causa di un percorso che negli ultimi due secoli ha compiuto sì un salto tecnologico-culturale equiparabile a millenni di sviluppo, ma ha altresì separato irrimediabilmente il nostro sentire da quello degli antichi. Questa è certamente una spiegazione possibile, ma comunque sempre parziale: siamo tanto intelligenti e consapevoli, ma non riusciamo a comprendere qualcosa che a nostro confronto dovrebbe essere intuitivamente semplice, primitivo. Per come ci è dato di conoscere, la storia si è svolta in un certo modo, ed è comodo per tutti cercare di confermarne le tesi, perpetuando lo stereotipo dell'antico inferiore; in realtà non passa giorno che un'anomalia storica si affacci sulla scena, e quando si tratta di un oggetto piccolo e occultabile lo si nasconde nelle segrete dei musei a prendere la polvere, cercando di dimenticarne l'esistenza; ma quando si devono affrontare invece antichissimi templi mastodontici o enormi geoglifi su chilometri quadrati di deserto, allora lì gli storici e gli archeologi famosi scrivono articoli pomposi, stupendosi e domandandosi cosa volessero comunicarci questi incredibili popoli antichi, sempre più capaci di quanto si credesse. Tutto questo però avanzando ipotesi pedanti, contorte purchè innocue, sempre in linea con gli stereotipi classici, tanto da non minacciare lo status quo. Per la nostra storia la posizione dominante della cultura contemporanea e la sua superiore visione delle cose è incontrovertibile, pena l'emarginazione, inderogabilmente ed orgogliosamente intesa come il sacrale culmine splendente del progresso evolutivo dell'uomo.
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