Erzsébet Báthory, sicuramente la Serial Killer più spietata di tutti i tempi visto le oltre 650 vittime accertate, nacque nel 1560 da Gyorgy Bathory Ecsendy e Anna Bathory Somlyoi una delle più antiche e potenti famiglie della Transilvania. Era parente diretta dei regnati di Polonia e discendente del generale Steven Bathory che aiutò Vlad Tepes a riconquistare la Valacchia con sanguinosi e violenti massacri. La famiglia della Contessa era particolare: suo fratello era sessualmente insaziabile, suo zio adorava il Demonio e la moglie, lesbica, praticava la stregoneria. La morte in giovane età del padre (Elizabeth aveva 10 anni) e le violenze sessuale inflittegli dal nonno, le provocheranno degli squilibri, probabili cause dei suoi futuri comportamenti. Con l'adolescenza si dimostrerà anche promiscua, tanto che, a 14 anni, resta incinta di un contadino. A 15 anni sposa Ferencz Nadasdy, detto 'l'eroe nero d'Ungheria', rampollo di una delle più ricche e potenti famiglie d'Ungheria, matrimonio combinato dai padri dei due per non perdere l'eredità. Elizabeth ricevette, come dono di nozze, il castello di Cachtice e i diciassette villaggi circostanti. Dopo dieci anni di matrimonio aveva già dato alla luce quattro figli. Il marito era spesso assente a causa delle campagne militari così la Contessa per distrarsi si fece iniziare alle arti occulte dal suo servo Thorko, che diventò il suo amante e con il quale scappò per un breve periodo, facendo poi misteriosamente ritorno. Il marito la perdonò, ma tornata al castello iniziò a entrare in conflitto con la suocera. Nel 1604, dopo una lunga malattia del marito, rimase vedova. Cacciata la suocera iniziò a dedicare tutto il suo tempo alla magia nera.
Tanto per iniziare si procurò una pergamena fatta di amnio (membrana che protegge i bambini nell'addome della madre) sulla quale c'è scritto con il sangue un incantesimo del dio Isten. L'incantesimo promette salute, lunga vita e protezione: i nemici verranno aggrediti e uccisi da un "esercito" di 99 gatti. Poco tempo dopo la Contessa si trasferisce al castello di Sarvar, nel quale sfoga i propri impulsi violenti sui propri servitori. Nel 1600, non è raro che gli aristocratici prendano a bastonate o addirittura uccidano i domestici che hanno sbagliano. Da brava aristocratica, la Báthoryè narcisista e vanitosa, cambia abbigliamento anche sei volte al giorno e passa ore ad ammirare la propria bellezza in numerosi specchi. Utilizza ogni tipo di unguento e preparato che possa mantenere giovane e pallida la sua pelle. Esige che, chiunque la incroci, faccia un elogio alla sua bellezza. Non si sa bene se Nádasdy fosse complice della moglie o se tollerasse le sue stranezze, ma è sicuro che sia stato lui a insegnarle molti trucchi del "mestiere". Anche Nádasdy, come ogni aristocratico, è molto violento con la servitù: il suo metodo punitivo preferito è quello di cospargere i servi di miele, e di lasciarli legati a un muro, mentre vengono mangiati dalle api. Ma non è l'unico tipo di tortura che l'uomo insegnerà alla moglie: le spiega anche come far morire congelata una persona, tenendola nuda all'aperto, d'inverno, versandogli continuamente dell'acqua fredda addosso. Per dimostrare il suo amore, Nádasdy, manda alla moglie gli incantesimi e le magie che impara quando è in battaglia in terre lontane e la Contessa, in cambio, mantiene con lui una fitta corrispondenza, nella quale gli confida tutti i rituali e le nefandezze che compie nel castello in sua assenza. Ecco uno spezzone tratto da una di queste lettere: "Thurko mi ha insegnato un nuovo incantesimo. Prendi una gallina nera e colpiscila con un bastone bianco, fino alla morte. Raccogli il sangue della gallina e cerca di imbrattare con esso un abito del tuo nemico. Gli capiterà presto una disgrazia." Nonostante queste particolari inclinazioni accettate da entrambi, la coppia non è felice. Erzsébet ha innumerevoli amanti, anche se preferisce di gran lunga le donne. Ben presto la Contessa forma un vero e proprio entourage di esperti in magia, alchimia e stregoneria. Vivono nel castello e le insegnano le loro arti. Tra essi vi è un nobile dalla pelle pallida e dai capelli lunghi e scuri, che pratica il vampirismo. Le leggende dicono che questo uomo era un vampiro vero: di notte Erzsébet usciva con lui e tornava da sola, con del sangue intorno alla bocca. Anno dopo anno continuano i rapimenti e i villici sono infuriati: è ancora vivo il ricordo di una rivolta del 1524, sedata con il sangue dai nobili. Erzsébet adesca le ragazze con la scusa di prenderle in servitù al castello, poi le sbatte nelle celle dei sotterranei. Le sventurate vengono picchiate ripetutamente, fino a che i loro corpi non si gonfiano. Spesso la Contessa non si limita ad assistere, ma è lei stessa a infierire sulle giovani vittime. Ogni volta che i vestiti si sporcano troppo di sangue, le fa cambiare, poi ricomincia con le botte. I corpi gonfi vengono poi tagliati con dei rasoi e lasciati sanguinare a morte. Alle più sfortunate vengono cicatrizzate le ferite con il fuoco, allungando così le loro sofferenze per molti altri giorni. Ad alcune vittime viene cucita la bocca, altre vengono costrette a mangiare la propria carne, ad altre ancora viene dato fuoco ai genitali. Quando la Contessa deve viaggiare, esige che una delle sue prigioniere segga al suo fianco sulla carrozza, sopra un sedile di aghi mentre, quando è a letto malata, le vittime sono costrette a prendersi cura di lei. In cambio ricevono morsi, sputi e pugni. Comunemente a tutti i Serial Killer, anche Erzsébet Báthory, con il tempo diventa più stupida e arrogante: assalita da delirio di onnipotenza e senso di sfida, comincia a osare di più, incombendo ben presto in errori madornali che le saranno letali. Erzsébet comincia infatti a rapire le figlie di altre famiglie nobili, la maggior parte delle quali non passa i 12 anni di età. La Contessa si offre di insegnare la grazie e l'educazione alle giovani nobili e, quando queste arrivano al castello, sceglie quali rinchiudere e quali rimandare a casa. Dopo un omicidio che la Báthory cerca di far passare come suicidio, le autorità decidono di muoversi. È il Natale del 1610, Mathias II, Re di Ungheria, è turbato. Gli è giunta voce che presso il castello arroccato di Csejthe, vengono tenute prigioniere delle ragazze. Forse vengono addirittura torturate e uccise. È una grande occasione per lui: deve molti soldi alla Contessa Báthory, soldi che aveva preso in prestito da Nádasdy e che adesso la Contessa richiede indietro con insistenza. Tuttavia è davvero pericoloso mettersi contro di lei. Suo marito è stato nominato "Eroe Nero" dell'Ungheria, per il suo eroismo contro gli invasori turchi, suo zio invece è stato Re della Polonia e Principe della Transilvania. Erzsébet ha anche amicizie con Cardinali, Principi e Reali di mezza Europa, ed è la cugina del Primo Ministro Thurzo. Se dovesse scoprire le sue intenzioni, diventerebbe sicuramente un pericoloso nemico politico ma, d'altra parte, è necessario scoprire se le voci sono vere. Perciò, dopo aver vagliato tutte le possibilità, decide di organizzare una missione segreta: raduna una squadra di uomini di fiducia e li manda a ispezionare il castello, con l'ordine di non farsi scoprire. Grazie a una corrispondenza tra il Re e Thurzo, e grazie al diario di uno dei membri della squadra, possiamo ricostruire molto bene il racconto di quella notte di dicembre del 1610. Gli "investigatori" del sovrano devono agire con la massima discrezione, di notte, cercando di non farsi scoprire. La squadra è composta da molti soldati, al capo dei quali sono il Primo Ministro, un sacerdote e il Governatore della regione. È una notte fredda, e le torce non illuminano abbastanza il loro cammino. Prima di procedere per il castello, gli emissari hanno interrogato qualche villico in paese: c'è chi dice di aver sentito urla di dolore provenire dal castello, altri raccontano di ragazze scomparse misteriosamente, altri ancora dicono che sono sparite almeno 9 giovani donne delle famiglie nobili dei dintorni. Dopo gli interrogatori la squadra si incammina lentamente nella boscaglia, sperando di scoprire qualche passaggio segreto, o di cogliere sul fatto la Contessa. È noto che la Báthory è una esperta di Magia Nera, e i nostri eroi hanno molta paura di essere scoperti e di subire qualche incantesimo di nascosto, perciò procedono molto lentamente, nel più totale silenzio. La scalata della collina, sulla quale si erge la fortezza di pietra, è lunga e faticosa: sono tante le pause per riprendere fiato e per assicurarsi che nessuno li segua, ma finalmente conquistano la cima. La finestre del castello sono immerse nel buio, non ci sono tracce di guardie nei paraggi e il portone d'entrata è ormai in vista: la "squadra speciale" del Re è pronta a irrompere all'interno del maniero. Con grande sorpresa degli invasori, il massiccio portone di legno non è sbarrato, bensì leggermente socchiuso, come a invitarli a entrare. Sembra quasi un classico film horror. L'atrio è pieno di gatti, alcuni saltano addosso agli intrusi, altri soffiano e graffiano, ma niente di più. Evidentemente il dio Isten non è un grande protettore. Qualche metro più avanti, sul gelido pavimento di pietra di una grande sala, gli emissari del sovrano trovano finalmente quello per cui sono venuti: una ragazza molto giovane, pallida, non del tutto vestita, è sdraiata per terra, immobile. Alcuni soldati si avvicinano, e sono costretti a constatare che le dicerie erano veritiere: la ragazza è morta ed è completamente dissanguata. Sempre nella stessa sala, all’altro capo, ne trovano un'altra. Questa è ancora viva, si lamenta, ma qualcuno le ha provocato diversi fori su tutto il corpo, tanto che ormai non c'è più niente da fare. La truppa allora procede nel proprio cammino attraverso il castello, seguendo l'odore della decomposizione che aleggia nell'aria. Contro un pilastro, la squadra trova un'altra donna, incatenata. Qualcuno l'ha frustata a sangue, l'ha bastonata, le ha tagliato i seni e le ha provocato delle gravi ustioni su tutto il corpo. Thurzo, che ha vissuto in quel castello da bambino, guida gli uomini ai gradini in pietra che conducono ai sotterranei. La squadra è agitata e ansiosa, la loro discesa è accompagnata da urla di dolore provenienti dall'oscurità. Nei sotterranei ci sono diverse prigioni, nelle quali sono rinchiusi donne e bambini, la maggior parte dei quali porta i segni e le cicatrici di numerose emorragie. Oggi però è il giorno fortunato di quei pochi prigionieri sani, perché i soldati aprono le celle senza fatica e li conducono fuori dal castello, verso la libertà. Temprata dall'azione di salvataggio la squadra del Re torna all'interno del maniero, sale ai piani alti e si lancia alla ricerca della donna responsabile di queste atrocità. Come già detto, questa storia sembra uscita da un film horror, perciò non ci sorprende la scena che si presenta agli occhi dei soldati: una grande torcia di fuoco illumina una stanza nella quale diversi uomini e diverse donne danno vita a un'orgia sanguinosa, nel quale sesso e torture si fondono. I soldati diranno di essere stati disgustati più da questa visione che da quella dei cadaveri. La Contessa però non c'è, ha scoperto tutto ed è fuggita, ma la sua cattura sarà questione di pochi giorni. In attesa del processo, Erzsébet Báthory viene rinchiusa in una sua residenza, controllata da un piccolo esercito. Non presenzierà nemmeno al processo, dichiarando che quelle avvenute nel castello sono tutte morti naturali e che lei non può essere responsabile di azioni della natura. Qualche giorno dopo la carcerazione, gli ufficiali giudiziari si presentano al castello di Csejthe per fare i sopralluoghi del caso, e per raccogliere tutte le prove che potrebbero risultare utili in sede di processo. Non sarà un'ispezione facile: in diverse stanze vengono ritrovate ossa e resti umani. Nella camera della Contessa ci sono i vestiti e gli effetti personali di alcune ragazze scomparse. Nei sotterranei ci sono cadaveri ovunque, privati degli occhi e delle braccia, nel camino c'è un corpo annerito e non completamente bruciato. Nei dintorni del castello vengono disseppelliti molti corpi. In giardino, nel recinto dei cani, vengono trovati altri resti umani, con i quali gli animali si nutrivano. Il processo comincia il 2 gennaio 1611, presieduto da ventuno giudici. Si susseguono moltissimi testimoni, anche 35 al giorno, soprattutto parenti delle vittime. A tutti i servitori di Erzsébet vengono poste le stesse domande, riguardo alla provenienza delle vittime, ai metodi di tortura e al coinvolgimento della Contessa. Ficzko, un nano che lavora per la Báthory da 16 anni, dichiara di essere stato assunto con la forza. L'uomo non ricorda il numero preciso delle donne che ha contribuito a uccidere, ma ricorda il numero delle ragazzine: 37. Cinque seppellite in una fossa, due in giardino, due in una chiesa, le altre chissà dove. Erano state adescate in paese con la scusa di un lavoro al castello e, se per caso rifiutavano, venivano prese con la forza. La Contessa le faceva legare e le pugnalava con aghi e forbici. Il nano racconta le più agghiaccianti torture, come le donne uccise a frustate, a volte ne servivano fino a 200, se non di più, o le donne uccise tagliando loro le dita con delle cesoie. Ilona Joo, la balia di Erzsébet Báthory, ammette di aver ucciso circa 50 ragazze, infilando degli attizzatoi incandescenti nella loro bocca e nel loro naso. La "padrona" invece preferiva infilare le dita nella bocca delle sventurate e tirare, fino allo strappo della pelle, oppure dare fuoco alle loro gambe dopo averle cosparse di olio, o ancora tagliare con delle cesoie la pelle fra le dita. Se una ragazza moriva prima di quando la Contessa desiderasse, i servitori maschi erano costretti a mangiarla. Darko, un altro servitore di fiducia, confessa che la Báthory usava anche applicare alle vittime delle scarpe di ferro bollente. Alcune rapite venivano messe all'ingrasso, perché la Contessa era convinta che in questo modo il loro sangue sarebbe aumentato. C'erano anche le favorite di Erzsébet, costrette ai trattamenti peggiori: tagliarsi da sole le braccia, essere rinchiuse in una cassa piena di spilloni e via dicendo. Le testimonianze continuano, una dopo l'altra, sempre più sconvolgenti e mostruose, soprattutto quelle raccontate dai superstiti. Non si sa per certo a quanto ammonti il conto delle vittime della Contessa Sanguinaria. Il Re in una lettera al Primo Ministro dice 300, sui diari di Erzsébet Báthory sono annotati i nomi di circa 650 persone, ma sembra incredibile che la Contessa abbia annotato una per una le proprie vittime. I Giudici, basandosi sui resti umani trovati al castello, decidono di condannare lei e i suoi complici "solo" per 80 omicidi. Per la "legge del taglione", molto in voga fino al ‘700, i complici della Contessa vengono sottoposti a torture, non molto differenti da quelle inflitte alle giovani vittime: ad alcuni vengono strappati gli occhi, ad altri le dita, alcuni vengono seppelliti vivi, altri ancora vengono decapitati o bruciati vivi. Ben più difficoltosa sarà la scelta della pena per la Contessa. Essa ha amicizie molto importanti che premono per gli arresti domiciliari, inoltre gode dell'immunità regia, essendo di sangue reale. Il Primo Ministro Thurzo che, come già detto, è anche il cugino di Erzsébet, insiste nel sostenere che la donna non fosse capace di intendere e di volere, che non avesse la capacità di controllare la propria rabbia. Così, salvata dalle sue origini nobiliari, Erzsébet Báthory viene imprigionata a vita in un'ala del suo castello a Cahtice. Confinata nelle sue stanze, privata della sua magica pergamena di Isten e di tutti gli incantesimi, con gli ingressi e le finestre murate, salvo piccole fenditure per il cibo e l'aria, la Contessa dura ben poco. Tre anni dopo il confino, nell'estate del 1614, la 54enne Erzsébet muore. Le guardie se ne accorgono il giorno dopo, notando che i piatti della cena non sono stati toccati. Il mito della Contessa Sanguinaria è iniziato. Oltre a essere stata la Serial Killer più prolifica della storia è anche una delle pochissime donne che hanno praticato vampirismo e cannibalismo. Dopo la sua morte, hanno cominciato a girare un sacco di storie e di leggende, alcune hanno un fondo di verità, altre sono completamente opere di fantasia. Sicuramente, la leggenda che tutti abbiamo udito almeno una volta sul conto di Erzsébet Báthory è quella che la vede farsi il bagno nel sangue di giovani vergini, per tenere la pelle giovane. La storia è emersa per la prima volta nel 1744, per mano di uno storico Ungherese, Padre Laslo Turáczi. Secondo il cattolico, un giorno Erzsébet tirò uno schiaffo a una serva, tanto forte da farle uscire del sangue dal naso. Con sua grande sorpresa, la Contessa si accorse che, dopo essersi macchiata con il sangue, la pelle della sua mano era diventata più lucida e bella, perciò, da quel giorno, decise che avrebbe fatto dei bagni nel sangue virgineo. L'idea le era stata suggerita dai suoi alchimisti di corte, secondo i quali il sangue aveva effetto solo sui nobili e solo se utilizzato alle quattro del mattino. In molti hanno cercato di trovare una prova a questa teoria, qualche anno fa McNelly si è addirittura letto interamente gli archivi Slovacchi e Ungheresi dell'epoca, ma non è ancora stato trovato un documento abbastanza credibile, che confermi questi comportamenti macabri della Contessa. È difficile da stabilire anche la credibilità di Turáczi, ricordiamoci che nel ‘700 la chiesa utilizzava ancora le storie di vampiri, lupi mannari e demoni per spaventare gli "eretici" ma è anche vero che chi uccide 650 persone, infliggendo loro le più atroci torture, potrebbe essere capace di tutto. Inoltre, visto il sangue nobile della Contessa, qualche dettaglio della sua storia potrebbe essere stato censurato dai suoi contemporanei, per salvare la faccia alla nobiltà Ungherese. Melton, uno scrittore appassionato di vampirismo, ha avanzato l'ipotesi che gli archivi più imbarazzanti siano stati distrutti. Un'altra storia interessante sulla Contessa Báthory, è quella legata alla figura del Conte Dracula. Sempre negli scritti di Padre Laslo Turáczi, si legge che la Contessa beveva sangue umano perché, secondo alcuni riti magici che aveva imparato, esso preservava la giovinezza e dava vita eterna. Questo è un particolare che si può leggere anche nelle pagine di altri due scrittori: Wagener nel 1785 e Sabine Baring-Gould ai primi dell'800. In molti hanno perciò ipotizzato che il Conte Dracula, il vampiro di Bram Stoker, sia ispirato a Erzsébet Báthory e non, come tanti pensano, a Vlad III. Il Conte di Valacchia, ed eroe nazionale Rumeno, non ha mai bevuto sangue né esistono racconti in questo senso. La Contessa sanguinaria, invece, beveva il sangue per rimanere giovane (come il vampiro di Stoker). Báthory ha vissuto molti anni in Transilvania e, secondo McNelly, lo scrittore che per primo ha avanzato questa teoria nel suo libro "Dracula era una Donna", anche il personaggio del servo, Renfield, ricorderebbe i servi sottomessi e malati di mente di Erzsébet. Dunque Bram Stoker, prima di scrivere il "Dracula", ha letto le pagine del reverendo Sabine Baring-Gould? Questa ipotesi viene comunque dibattuta, a colpi di libri, da molto tempo. "Quando il tuo servitore è in pericolo, manda in suo soccorso un esercito di 99 gatti, poiché dei gatti tu sei il signore. I 99 gatti arriveranno con grande velocità e mangeranno il cuore del nemico, e del tuo servitore sarà salva la vita." (Uno dei riti del dio Isten che probabilmente era iscritta sulla pergamena di Erzsébet Bathóry).
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