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mercoledì 16 febbraio 2011

L’immortalita’ Quantica SLIDING DOORS - La Teoria dei Molti Mondi


Questo è un articolo molto interessante, che pur trattando un argomento di fisica quantistica è scritto in modo molto semplice con esempi che aiutano a comprendere l’argomento in maniera scorrevole.

E’ difficile immaginare quali potranno essere le conseguenze della nostra comprensione del mondo quantico… direi che queste teorie, supportano in modo interessante alcune tematiche spirituali. la nostra comprensione dell’universo come lo conosciamo viene messa a dura prova… è forse il momento per  un cambiamento di paradigma! Queste informazioni… possono aiutare. Buona lettura :-)

Introduzione al funzionamento del Suicidio Quantico
di Josh Clark
dal sito science.howstuffworks.com
Traduzione di Gianluca Freda  (Parte 1)
tratto da: Link

Un uomo è seduto davanti a una pistola, puntata contro la sua testa. Non è una pistola normale; è collegata ad un apparecchio che misura lo spin di una particella quantica. Ogni volta che si preme il grilletto, l’apparecchio misura lo spin della particella quantica (o quark). A seconda della rilevazione, la pistola sparerà un proiettile oppure no. Se lo spin della particella quantica misurata è in senso orario, la pistola farà fuoco. Se lo spin del quark è in senso antiorario, la pistola non sparerà. Ci sarà solo un “click”.

Nervosamente, l’uomo fa un profondo respiro e preme il grilletto. La pistola fa “click”. L’uomo preme di nuovo il grilletto. Click. E poi di nuovo: click. L’uomo continuerà a premere il grilletto, ancora e ancora, ottenendo sempre lo stesso risultato. La pistola non farà fuoco. Benché sia perfettamente funzionante e carica di proiettili, per quante volte egli possa tirare il grilletto, la pistola non sparerà mai. Egli potrà continuare questo esperimento all’infinito, diventando immortale.
Torniamo indietro all’inizio dell’esperimento. L’uomo preme il grilletto per la prima volta e l’apparecchio rileva che lo spin del quark è in senso orario. La pistola spara. L’uomo muore.

Ma…un momento. L’uomo aveva già premuto il grilletto la prima volta e poi, in seguito, un’infinità di altre volte e noi sappiamo che la pistola non ha sparato. Com’è possibile che l’uomo sia morto? L’uomo non può rendersene conto, ma egli è allo stesso tempo vivo e morto. Ogni volta che preme il grilletto, l’universo si divide in due. E continuerà a dividersi, ancora e ancora, ogni volta che viene premuto il grilletto (fonte: Tegmark).

Questo “esperimento teorico” viene chiamato suicidio quantico. Fu proposto per la prima volta nel 1997 da Max Tegmark, all’epoca ricercatore all’Università di Princeton (oggi ha una cattedra al MIT). Un “esperimento teorico” è un esperimento che avviene solo a livello mentale. Il livello quantico è fino ad oggi il più piccolo livello di materia mai rilevato nell’universo. A questo livello la materia ha dimensioni infinitesimali ed è praticamente impossibile per gli scienziati compiere rilevazioni empiriche utilizzando i tradizionali metodi della ricerca scientifica.

Perciò anziché utilizzare il metodo scientifico – cioè investigare l’evidenza empirica – per studiare il livello quantico i fisici devono utilizzare gli esperimenti teorici. Benché tali esperimenti vengano condotti solo in via ipotetica, essi trovano le proprie basi nei dati rilevati dai fisici quantistici.

Ciò che la scienza ha potuto osservare a livello quantico ha prodotto più domande che risposte. Il comportamento delle particelle quantiche è imprevedibile e la nostra comprensione delle probabilità diviene aleatoria. Ad esempio è stato dimostrato che i fotoni – le particelle elementari della luce – esistono contemporaneamente allo stato di particelle e di onde. 

E sembra che queste particelle non si muovano in un senso o nell’altro, ma in entrambe le direzioni contemporaneamente. Perciò quando esaminiamo il mondo quantico, la conoscenza che esso contiene ci è incomprensibile. Di conseguenza, la nostra comprensione dell’universo come lo conosciamo viene messa a dura prova.

Ciò ha portato alcuni a pensare che la nostra conoscenza della fisica quantistica sia rudimentale quanto le conoscenze degli antichi astronomi egizi, che credevano che il sole fosse un dio. Alcuni studiosi pensano che ulteriori ricerche sul sistema quantistico riusciranno ad individuare ordine e prevedibilità laddove oggi non vediamo che caos. Ma è possibile che i sistemi quantistici non possano essere compresi attraverso i tradizionali modelli scientifici?

In questo articolo daremo un’occhiata a ciò che il suicidio quantico ci rivela sul nostro universo, nonché ad altre teorie che lo confermano o lo contraddicono.

Ma prima di tutto: perché uno scienziato non può semplicemente misurare le particelle che tenta di studiare? Nel prossimo paragrafo parleremo di questo fondamentale limite dell’osservazione quantica così come è stato spiegato dal Principio d’Indeterminazione di Heisenberg.

Il Principio d’Indeterminazione di Heisenberg
... Uno dei problemi più grossi con gli esperimenti quantistici è l’apparentemente inevitabile tendenza degli esseri umani a influire sullo stato e sulla velocità delle particelle infinitesimali. Ciò accade con la semplice osservazione delle particelle e genera frustrazione negli studiosi di fisica quantistica. Per ovviare a questo problema, gli studiosi hanno creato macchinari enormi ed elaborati come gli acceleratori di particelle, che eliminano ogni interferenza fisica di natura umana dal processo di accelerazione del moto delle particelle.

Nonostante ciò, i risultati comparati delle rilevazioni ottenute dai fisici quantistici esaminando una stessa particella, rivelano che non si può fare a meno di interferire con il comportamento dei quanti (o particelle quantiche). Perfino la luce che gli studiosi utilizzano per vedere meglio gli oggetti che stanno osservando può influenzare il comportamento dei quanti. I fotoni, per esempio – cioè le particelle minime di luce che non hanno massa né carica elettrica – riescono comunque ad interferire con le particelle, modificando la loro accelerazione e velocità.

Questo viene chiamato Principio di Indeterminazione di Heisenberg. Werner Heisenberg, un fisico tedesco, aveva capito che l’atto stesso dell’osservazione produce un effetto sul comportamento dei quanti. Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg può sembrare difficile da comprendere, perfino il nome è un po’ intimidatorio. Ma si tratta in realtà di un principio facile da capire e una volta che lo avrete capito riuscirete anche ad afferrare i principi fondamentali della meccanica quantistica.

Immaginate di essere ciechi e di aver sviluppato, col tempo, una tecnica per stabilire quanto è lontano da voi un oggetto lanciandoci contro una palla da bowling. Se lanciate la palla da bowling contro uno sgabello che si trova vicino a voi, la palla rimbalzerà verso di voi rapidamente e voi saprete che l’oggetto è vicino. Se lanciate la palla contro qualcosa che si trova dall’altra parte della strada, essa ci metterà più tempo a ritornare e voi saprete che l’oggetto è lontano.

Il problema è che quando lanciate la palla – specialmente se è una palla pesante come quella da bowling – contro un oggetto come uno sgabello, la palla farà rotolare lo sgabello per tutta la stanza e potrebbe comunque mantenere inerzia sufficiente per tornare indietro. A quel punto voi potrete sapere dove si trovava prima lo sgabello, ma non dove si trova adesso. Inoltre, sarete in grado di determinare la velocità dello sgabello dopo che lo avete colpito con la palla, ma non quale fosse la sua velocità prima che lo colpiste.
Questo è il problema espresso dal Principio di Indeterminazione di Heisenberg. 

Per conoscere la velocità di un quark dobbiamo misurarla e non c’è modo di misurarla senza influire su di essa in qualche modo. La stessa cosa vale per l’osservazione della posizione di un oggetto. L’incertezza sulla posizione e sulla velocità di un oggetto rende difficile, per un fisico, apprendere qualcosa su quell’oggetto.

Naturalmente non è che i fisici lancino palle da bowling contro le particelle per eseguire le misurazioni, ma anche l’interferenza più infinitesima può spingere queste particelle incredibilmente piccole a comportarsi in maniera diversa.

Ecco perché gli studiosi di fisica quantistica sono costretti a fare esperimenti teorici, fondati sull’osservazione di esperimenti reali condotti a livello quantico. Questi esperimenti teorici hanno lo scopo di confermare o di smentire le interpretazioni, cioè le possibili spiegazioni dell’intera teoria quantistica.
Nel prossimo paragrafo parleremo dei fondamenti del suicidio quantico, cioè di quella interpretazione della meccanica quantistica chiamata “Teoria dei Molti Mondi”.

COME FUNZIONA L’IMMORTALITA’ QUANTICA
di Josh Clark
dal sito science.howstuffworks.com
Traduzione di Gianluca Freda  (Parte 2)
La Teoria dei Molti Mondi

L’esperimento teorico del “suicidio quantico” è un tentativo di dimostrare quella che è divenuta col tempo l’interpretazione più accettata della fisica quantistica, la “Teoria dei Molti Mondi”. Questa teoria fu proposta per la prima volta nel 1957 da un ricercatore dell’Università di Princeton, di nome Hugh Everett III. La sua teoria venne derisa per decenni, fino a quando uno studente della stessa università, Max Tegman, elaborò l’esperimento del suicidio quantico, che offriva sostegno a questa interpretazione [fonte: The Guardian].

Secondo la Teoria dei Molti Mondi, per ogni possibile risultato di un’azione, il mondo si divide in altrettante copie di se stesso. Si tratta di un processo istantaneo che Everett chiamava decoesione. E’ un po’ come in quei libri “scegli la tua avventura”, solo che invece di scegliere se esplorare la caverna o andare dritti al tesoro, l’universo si divide in due così che ciascuna delle due azioni viene compiuta.

Un aspetto fondamentale della Teoria dei Molti Mondi è che ogni volta che l’universo si divide, la persona resta inconsapevole dell’esistenza di un’altra versione di se stesso nell’altro universo. Ciò significa che il ragazzo che corre dritto al tesoro e vive per sempre felice e contento non è consapevole della versione di se stesso che è entrata nella caverna e si trova ora di fronte a un grave pericolo, e viceversa.

La stessa cosa avviene nel suicidio quantico. Quando l’uomo preme il grilletto, vi sono due possibili risultati: la pistola spara oppure non spara. In questo caso, l’uomo sopravvive oppure muore. Ogni volta che viene premuto il grilletto, l’universo si divide per realizzare ciascuno dei due possibili risultati. Quando l’uomo muore, l’universo non è più in grado di dividersi attraverso l’azionamento del grilletto. I possibili risultati della morte si riducono a uno soltanto: morte continuata. Ma dove l’uomo resta vivo, vi sono ancora due possibilità: l’uomo continua a vivere oppure muore.

Tuttavia, quando l’uomo aziona il grilletto e l’universo si divide in due, l’uomo che resta vivo sarà inconsapevole del fatto che, nell’altra versione dell’universo, egli è morto. Perciò continuerà a vivere e avrà ancora la possibilità di azionare il grilletto. E ogni volta che preme il grilletto, l’universo si dividerà ancora e la versione dell’uomo che sopravvive sarà inconsapevole della propria morte in tutti gli altri universi paralleli. In questo senso, egli sarà in grado di esistere per l’eternità. Questo fenomeno viene chiamato immortalità quantica.

Ma allora perché tutte le persone che hanno cercato di uccidersi non sono diventate immortali? Ciò che è interessante nella Teoria dei Molti Mondi è il fatto che, in qualche universo parallelo, essi lo sono davvero. Noi non ci accorgiamo di questo, perché la divisione degli universi non dipende dalla nostra vita o dalla nostra morte. Noi siamo solo spettatori o osservatori del suicidio di un’altra persona e in quanto osservatori siamo soggetti alla probabilità.

Quando la pistola ha sparato nell’universo – o nella versione di esso – in cui ci troviamo, siamo inchiodati ai risultati. Anche se raccogliamo la pistola e continuiamo a sparare contro l’uomo, l’universo resterà in un singolo stato. Dopo tutto, una volta che una persona è morta, il numero dei possibili risultati ottenibili sparando contro il suo cadavere si riduce a uno solo.

Ma la Teoria dei Molti Mondi contraddice un’altra interpretazione della meccanica quantistica, la Teoria di Copenaghen. Nel prossimo paragrafo parleremo di questa teoria e vedremo perché essa modifica le regole del suicidio quantico.

 gatto di Heisenberg 
L’interpretazione di Copenaghen
La Teoria dei Molti Mondi della meccanica quantistica presume che, per ogni data azione, l’universo si divida in tante versioni di se stesso in modo da realizzare ogni possibile risultato. Questa teoria mette l’osservatore al di fuori dell’equazione. In tale teoria, noi non siamo in grado di influire sui risultati di un evento attraverso la semplice osservazione, come teorizzato dal Principio d’Indeterminazione di Heisenberg.
La Teoria dei Molti Mondi ha ribaltato da capo a piedi un’altra teoria della meccanica quantistica, un tempo largamente accettata. E nell’imprevedibile universo quantistico, questo significa davvero qualcosa.
Per la maggior parte del secolo scorso, la spiegazione più accettata del fatto che una stessa particella quantica si comportasse in modi differenti era la cosiddetta interpretazione di Copenaghen. Benché l’interpretazione dei Molti Mondi abbia recentemente guadagnato enorme credito, molti fisici quantistici continuano a ritenere che l’interpretazione corretta sia quella di Copenaghen.

L’interpretazione di Copenaghen fu proposta per la prima volta nel 1920 dal fisico Niels Bohr.  Secondo tale interpretazione, una particella quantica non esiste in uno stato oppure in un altro, ma contemporaneamente in tutti gli stati possibili. E’ solo quando osserviamo il suo stato che la particella quantica è essenzialmente costretta a scegliere una fra le tante possibilità, ed è questo lo stato che noi osserviamo. Poiché potrebbe essere costretta ad assumere uno stato diverso ad ogni osservazione, ciò spiegherebbe il motivo del comportamento così imprevedibile di queste particelle.

Lo stato di un oggetto che esiste in tutti gli stati possibili viene chiamato superposizione. Il complesso di tutti i possibili stati in cui un oggetto può esistere – ad esempio, nel caso dei fotoni che si muovono in due diverse direzioni allo stesso tempo, in forma di onda o di particella – costituisce la funzione d’onda di quell’oggetto.
L’Interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica data da Bohr era stata dimostrata in via ipotetica da un celebre esperimento teorico fondato su un gatto e su una scatola. Si tratta del cosiddetto “gatto di Schrödinger”, proposto per la prima volta dal fisico viennese Erwin Schroedinger nel 1935.

In questo esperimento teorico, Schrödinger immaginava di mettere un gatto all’interno di una scatola insieme a un frammento di materiale radioattivo e a un contatore Geiger (un congegno per la rilevazione delle radiazioni). Il contatore Geiger era regolato in modo tale che, quando esso rilevava il decadimento del materiale radioattivo, azionava un martello che rompeva una fiala di acido cianidrico il quale, una volta diffusosi nella scatola, avrebbe ucciso il gatto.

Per eliminare ogni possibile certezza sul destino del gatto, l’esperimento doveva svolgersi entro un’ora, un periodo lungo abbastanza perché parte del materiale radioattivo potesse decadere, ma anche sufficientemente breve perché ciò potesse non accadere.

Nell’esperimento di Schrödinger, il gatto veniva chiuso all’interno della scatola. Durante la sua permanenza all’interno di essa, il gatto veniva ad esistere in uno stato inconoscibile. Non potendo essere osservato, non era possibile dire se fosse vivo o se fosse morto. Esso esisteva in uno stato che era contemporaneamente di vita e di morte. E’ come se la fisica quantistica avesse voluto dare una risposta alla vecchia domanda Zen: se un albero cade nella foresta e non c’è nessuno a sentirlo, fa davvero rumore?

Poiché l’interpretazione di Copenaghen sostiene che un oggetto, nel momento in cui viene osservato, è costretto ad assumere uno stato ben preciso, l’esperimento del suicidio quantico è inconciliabile con questa teoria. Infatti, poiché la direzione dello spin del quark una volta misurata dal grilletto diviene osservabile, prima o poi il quark sarà costretto ad assumere la direzione oraria che farà sparare la pistola e ucciderà l’uomo.
Ma non sembra sciocco tutto questo? Davvero questi esperimenti teorici e queste interpretazioni quantistiche possono insegnarci qualcosa? Nel prossimo paragrafo daremo un’occhiata alle possibili implicazioni di queste idee.

Le implicazioni della fisica quantistica
Se paragonate alle teorie della scienza classica e alla fisica newtoniana, le teorie proposte per spiegare la fisica dei quanti sembrano folli. Lo stesso Erwin Schrödinger diceva che il suo esperimento era “piuttosto ridicolo” [fonte: Goldstein, Sheldon]. Ma da ciò che la scienza è riuscita ad osservare, le leggi che governano il mondo che vediamo tutti i giorni cessano di avere valore a livello quantico.

La fisica quantistica è una disciplina relativamente nuova, elaborata soltanto nel 1900. Le teorie che sono state sviluppate in merito ai problemi che pone sono solo teorie. Inoltre, esistono teorie contrastanti che danno differenti spiegazioni dei peculiari eventi che si verificano a livello quantico. Quale di esse si rivelerà, nel corso della storia, essere quella giusta? Forse la teoria che offrirà una corretta spiegazione dei fenomeni quantistici non è stata ancora neppure elaborata. 

La persona che la proporrà forse non è ancora nata. Ma visto il tipo di logica introdotto da questo particolare campo di studio, è possibile che tutte le teorie che cercano di dare spiegazione alla fisica quantistica siano egualmente vere allo stesso tempo, anche se si contraddicono l’un l’altra?

L’interpretazione di Copenaghen della fisica quantistica data da Neils Bohr è forse fra le varie teorie la più confortante. Se si ritiene che le particelle esistano contemporaneamente in tutti i possibili stati – in superposizione – la nostra visione dell’universo ne esce fuori un po’ scossa, ma resta comunque comprensibile. 

La teoria di Bohr, inoltre, è confortante anche perché afferma che siamo noi umani la causa per cui un oggetto assume una forma determinata. Per quanto gli studiosi trovino frustrante la capacità delle particelle di esistere in più di uno stato, la nostra osservazione ha effetto su di esse. Perlomeno non continuano a esistere in tutti gli stati possibili anche mentre le guardiamo.

L’interpretazione dei Molti Mondi offerta da Everett è molto meno confortante. Questa teoria toglie dalle nostre mani ogni potere sull’universo quantico. Al contrario, ci ritroviamo a essere semplici passeggeri di una serie di divisioni che si verificano producendo ogni possibile risultato. In sostanza, con la Teoria dei Molti Mondi la nostra idea dei rapporti causa-effetto andrebbe a farsi benedire.

Ciò rende in qualche modo scioccante la Teoria dei Molti Mondi. Se essa è vera, allora in uno degli universi paralleli a quello in cui viviamo attualmente Adolf Hitler è riuscito ad attuare il suo piano di conquista del mondo. Ma allo stesso tempo, in un altro universo, gli Stati Uniti non hanno mai lanciato le atomiche su Hiroshima e Nagasaki.

La Teoria dei Molti Mondi contraddice certamente anche la postulazione del Rasoio di Occam, secondo la quale la spiegazione più semplice è di solito quella corretta. Anche più strano è il corollario della Teoria dei Molti Mondi, secondo il quale il tempo non avrebbe un moto coerente e lineare. Al contrario, si muoverebbe per salti e partenze, esistendo non come una linea retta, ma come una serie di ramificazioni. Queste ramificazioni sono tanto più numerose quanto maggiore è il numero di possibili conseguenze a tutte le azioni che vengono compiute.

E’ difficile immaginare quali potranno essere le conseguenze della nostra comprensione del mondo quantico. Il campo teorico ha già compiuto immensi progressi dall’epoca dei suoi esordi, oltre un secolo fa. Benché possedesse una propria interpretazione personale del mondo quantico, Bohr avrebbe probabilmente accettato la Teoria dei Molti Mondi introdotta in seguito da Hugh Everett. In fondo era stato proprio Bohr a dire: “Se qualcuno non resta sconvolto dalla teoria dei quanti, evidentemente non l’ha capita”.

Fonti
* “Hugh Everett III and the Many Worlds Theory.” Everything Forever. http://everythingforever.com/everett.htm
* “Hugh Everett III and the Many Worlds Theory.” Everything Forever. http://everythingforever.com/everett.htm
* Brooks, Michael. “Enlightenment in the Barrel of a Gun.” The Guardian. October 15, 1997.
http://space.mit.edu/home/tegmark/everett_guardian.html
* Budnik, Paul. “Schrödinger’s Cat.” Mountain Math Software. http://www.mtnmath.com/faq/meas-qm-3.html
* Goldstein, Sheldon. “Quantum Theory Without Observers.” July 23, 1997. Department of Mathematics, Rutgers University. http://www.math.rutgers.edu/~oldstein/papers/qts/qts/html.
* Higgo, James. “Does the ‘many-worlds’ interpretation of quantum mechanics imply immortality?” Nov. 10, 1998. http://www.higgo.com/quantum/qti.htm
* Horgan, John. “Quantum Philosophy.” Fortune City. http://www.fortunecity.com/emachines/e11/86/qphil.html
* Price, Michael Clive. “The Everett FAQ.” BLTC Research. Februrary 1995. http://www.hedweb.com/manworld.htm#decoherence
* Tegmark, Max. “The Interpretation of Quantum Mechanics: Many Worlds or Many Words?” Princeton University. September 15, 1997. http://xxx.lanl.gov/PS_cache/quant-ph/pdf/9709/9709032v1.pdf
* “Quantum Mechanics.” Fusion Anomaly. http://fusionanomaly.net/quantummechanics.html
* “Schrödinger’s Cat for a 6th Grader.” Mountain Math Software. http://www.mtnmath.com/cat.html
* “The Many-World Interpretation of Quantum Mechanics.” Station1. http://www.station1.net/DouglasJones/many.htm
Tratto da: http://blogghete.blog.dada.net/
La Teoria dei Molti Mondi: intervista a Lev Vaidman
a cura di Barbara Ainis

Un paradosso impeccabile
Per il linguaggio, anche per il più poetico, è difficile spiegare un paradosso, per un’equazione matematica no. Chi si ricorda il film Sliding doors? Un rompicapo fantasioso? Non si direbbe. Secondo la matematica quantistica sembra facilmente inscrivibile in un’equazione, tra le più scientifiche.

Questa intervista ci permette candidamente di scivolare nella sobrietà e eleganza matematiche dei molti mondi, verso un’interpretazione della meccanica dei quanti degna di una pellicola hollywoodiana. E, di una scuola scientifica tra le più ortodosse.

Provate ad immaginare: vi trovate di fronte a una scelta da compiere e qualcosa, magari una telefonata o un ingorgo stradale, interviene a farvi intraprendere una strada piuttosto che un’altra. Immaginate che in quel preciso momento il vostro mondo si divida in due, uno stesso passato e due futuri, chissà anche molto diversi. Immaginate che questo capiti molte e molte volte e che una miriade di mondi popolino il nostro Universo. 
Ricorda molto la trama di un film, ma questa è la conseguenza esperienziale di una rigorosa teoria matematica, la Teoria dei Molti Mondi, appunto. 

Si tratta di un’interpretazione della meccanica quantistica di cui il fisico israeliano di fama internazionale Lev Vaidman, che abbiamo intervistato durante un suo soggiorno in Italia, è uno dei più importanti sostenitori. Con lui abbiamo parlato dell’origine e degli sviluppi, della forza e delle debolezze di una teoria che riesce a conservare il formalismo originario della fisica dei quanti eliminando il più problematico dei suoi postulati: il collasso d’onda.

S&C: La Teoria dei Molti Mondi non è nuova, il primo a introdurla fu Hugh Everett nel 1957. Ma la sua popolarità tra i fisici sta crescendo solo di recente. Forse è bene ricordare ai lettori di cosa parliamo. Cosa si intende con Many-Worlds Interpretation (MWI)?

Lev Vaidman: Si intende una teoria fisica, in grado di dare spiegazione della nostra esperienza con un formalismo matematico molto “economico” ed elegante, che non cambia le leggi di base della meccanica quantistica. L’idea che sta alla base è quella dell’esistenza di miriadi di mondi nell’Universo in aggiunta al mondo che percepiamo. 

Questi mondi prendono inizio ogni volta che avviene un esperimento quantistico, in un laboratorio di fisica come nella vita di tutti i giorni. L’esperimento, ad esempio lo sfarfallio incerto di una luce al neon, ha diversi risultati possibili, la cui probabilità si dice non-zero. 

Noi ci accorgiamo unicamente del verificarsi di uno dei risultati possibili, quello che si avvera nel mondo che osserviamo (la luce si accende in un determinato momento), ma secondo la MWI tutti i risultati possibili si realizzano, ognuno in un mondo differente. In tal senso questa interpretazione della meccanica quantistica si può dividere in due parti: una teoria matematica rigorosa e una spiegazione delle nostre esperienze alla luce di questa teoria e in correlazione con il concetto di stato quantico dell’Universo, ossia della funzione d’onda che lo descrive.

S&C: Perciò è dalla teoria matematica che prende le mosse l’interpretazione dei Molti Mondi. Lei la definisce una teoria estremamente economica ed elegante. Da che cosa è nata l’esigenza di un nuovo formalismo matematico?

Lev Vaidman: E’ importante comprendere il fatto che il formalismo della meccanica quantistica, le equazioni quantistiche, danno una rappresentazione della realtà che corrisponde a quella dei molti mondi. Una realtà nella quale in un esperimento quantistico tutti i risultati possibili si avverano. 

Questo è stato chiaro fin dagli inizi della fisica dei quanti, ma l’idea è sempre stata considerata tanto assurda e in palese contraddizione con l’osservazione sperimentale da pretendere l’introduzione del postulato del collasso: l’esito di un esperimento quantistico non è determinato dalle condizioni iniziali dell’Universo prima dell’esperimento, ma solo le probabilità sono governate dallo stato iniziale. 

Ecco “spiegato” il perché osserviamo l’avverarsi di uno solo dei risultati possibili. Nel corso degli anni i fisici sono stati, però, molto scontenti di questo postulato e hanno provato a risolvere il problema modificando oppure aggiungendo qualcosa alla meccanica quantistica (definendo il collasso come un effetto casuale genuino, o introducendo l’ontologia delle traiettorie della particella bohmiana). Dal mio punto di vista questi tentativi non hanno avuto molto successo. 

Al contrario la teoria dei Molti Mondi si presenta come una proposta per rimanere fedeli alla meccanica quantistica, così come è nata originariamente senza bisogno del postulato del collasso, e quindi consente di ammettere le conseguenze filosofiche di questa teoria, ossia che ci siano mondi paralleli in ognuno dei quali si avvera uno e uno solo dei possibili risultati di un esperimento quantistico. Non ci sono evidenze sperimentali in favore della teoria del collasso e contro la teoria dei Molti Mondi. La MWI è una teoria deterministica per un universo fisico e spiega perché il (o, meglio, un) mondo appare non deterministico agli osservatori umani.

S&C: In base a che cosa si crea un nuovo mondo? Ossia, qualsiasi possibilità si trasforma in un mondo e quindi si realizza?

Lev Vaidman: Non tutti i mondi che si possono immaginare esistono. Quando si costruisce un esperimento quantistico c’è una probabilità non-zero che ci sia un insieme di risultati. Quello che sappiamo è che ci sarà una separazione in un numero di mondi pari al numero di possibili esiti che vengono associati a questo esperimento. Per proseguire nell’esempio di prima, potrà accadere che io sia condizionato da una luce al neon rotta che si accende e si spegne, e questo evento potrà cambiare o ritardare una mia scelta. Questo è un evento quantistico e provocherà una separazione e la nascita di mondi distinti. 

Perché avvenga questa separazione abbiamo bisogno di una situazione fisica particolare che ne sia causa. La meccanica quantistica ci assicura che ci sono un certo numero di esiti per un esperimento, ma non ci assicura del fatto che io sia sufficientemente forte o sufficientemente convinto di dare atto a qualcosa, pur se nell’esperimento i diversi esiti sono previsti. Se non sono sicuro di poter dividere il mio mondo in due strade distinte, probabilmente io non darò seguito all’esistenza di entrambe queste strade. Quello che io non posso fare è fermare questo dispositivo quantistico e gli esiti che può dare.

L’articolo completo lo trovi su Scienza e Conoscenza n. 18 (in edicola e libreria)

Fonte: Link

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