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giovedì 29 settembre 2011

ECHI DI LEMURIA di Daniela Bortoluzzi






Nella Roma antica, veniva detto "Lemuria" un rituale celebrato ogni anno a maggio dal capofamiglia, per placare gli spiriti dei defunti. Lemuria era anche il nome con cui i Romani chiamavano una grande isola oltre il Mare dell'Estremo Oriente.

Dopo la sua scomparsa, divenne la dimora delle anime tormentate, il cui rito espiatorio fu instaurato da Romolo per riparare all'assassinio di Remo.

Secondo alcuni studiosi, il termine MU è spesso in relazione alla fondazione di una civiltà. E visto che i due gemelli sono stati accettati come fondatori di Roma, non si può fingere di non vedere che i loro nomi - in latino - sono pronunciati con l'accento sulla seconda sillaba: RoMUlus e ReMUs...

All'inizio del XIX secolo, quando i biologi inglesi stavano iniziando a classificare i mammiferi, decisero di applicare l'antico termine "lemur" per identificare alcuni primati di grandi dimensioni scoperti in Madagascar, in quanto queste creature dai grandi occhi, ricordavano gli spettri lemuri del mito romano...

In seguito, quando furono trovati dei lemuri anche in India e in Malesia, fu teorizzato che il continente indiano fosse anticamente collegato a queste terre prima di inabissarsi.

Benché gli oceanografi abbiano accertato che tale presunto continente non sia mai esistito, le tradizioni orali dei popoli del Pacifico mantengono una leggenda inquietante che narra d'una patria ancestrale sparita nel nulla, i cui semi di civiltà furono impiantati nella civiltà moderna...


Il nome di Lemuria è dunque, al pari di Atlantide, legato al mito e alle speculazioni. Tuttavia, mentre alcuni ritengono Lemuria una colonia atlantidea, altri invece pensano che si trattasse d'una cultura a sé stante, sorta con ogni probabilità in epoca precedente: il regno di Mu.

Fino a qualche anno fa, comunque, la sua collocazione ipotetica era pressoché ignorata, a meno di non tener conto delle profezie di Edgar Cayce, che avevano previsto il ritrovamento di Lemuria, o regno di Mu, nell'Oceano Pacifico...

Nel marzo del 1995 un sub giapponese, oltrepassato il perimetro di sicurezza del tratto di mare a sud di Okinawa, fece una scoperta destinata a diventare uno scoop mediatico. Quanto si presentò ai suoi occhi increduli fu, infatti, ben diverso da quello che si sarebbe aspettato: una serie di mura, gradini e gigantesche strutture formavano la muta testimonianza di una qualche civiltà dimenticata. Megaliti sommersi per cause sconosciute, sicuramente opera dell'uomo, giacevano da un tempo indefinito a una quarantina di metri di profondità... nella zona di mare che fu l'epilogo della Seconda Guerra Mondiale.

Dopo aver scattato molte fotografie, il sub divulgò la sua stupefacente scoperta. Le foto iniziarono rapidamente a fare il giro del mondo e l'area marina in questione fu presa di mira da studiosi, archeologi, fotografi e dilettanti prima di venire interdetta dalle autorità.

Per circa un anno le ipotesi furono altalenanti, poi un altro ritrovamento da parte di un altro sub: un arco e gigantesche scalinate lasciavano stavolta ben poco alla fantasia: si trattava dunque davvero dei resti di un'antica città. Tra l'altro, lo stile con cui i blocchi erano affiancati ricordava senza ombra di dubbio quello delle città Inca dall'altra parte del Pacifico...

La comunità archeologica si è interessata a più riprese a questo rinvenimento le cui dimensioni e caratteristiche ricordavano uno ziggurat più che delle costruzioni nipponiche o cinesi.

Nessuno ha potuto ancora accertare con sicurezza di cosa si tratti, azzardando perfino - contro ogni evidenza - che le formazioni scoperte siano d'origine naturale, come il geologo Robert Schoch e l'egittologo John Antony West, i quali in un primo momento dissero che doveva trattarsi d'una formazione naturale, concordando con Robert Bauval e Graham Hancock.

Il fatto è che fino a quel momento nessuno aveva mai notato quelle rovine: fu il professar Kimura a capire per primo che quelle formazioni erano artificiali.

Dopo la divulgazione delle inequivocabili immagini del sito, comunque, Schoch e West ammisero il loro errore iniziale di valutazione. E Graham Hancock fece un corso d'immersione insieme alla moglie, la fotografa Santha Faiia, per poter scendere a testimoniare di persona le rovine della città sommersa nel Pacifico. Il libro "Lo specchio del Cielo", con le inequivocabili foto scattate dalla moglie, tratta ampiamente la loro straordinaria esperienza.

Il prof. Teruaku Ishi, geologo dell'Università di Tokio, affermò a sua volta che secondo lui l'edificio sommerso potrebbe avere anche diecimila anni. Altri studiosi di fama lo daterebbero addirittura al 12.000 a.C., data che coincide con la fine di Atlandide, secondo Platone...

Grazie all'ottima visibilità dovuta alle acque limpidissime e alle correnti che avevano naturalmente impedito ai coralli d'intaccare i manufatti, un'importante équipe di esperti subacquei dichiarò senza mezzi termini che si trattava di antiche strutture artificiali. Una scoperta che aveva del miracoloso, essendo la prima volta che la scienza aveva a disposizione così tante prove ed evidenze.

Di cosa si trattava dunque? Resti di protezioni militari? Vecchie mura di città? Civiltà scomparse? Atlantide? Mu?

La costa meridionale di Okinawa doveva svelare molto altro ancora: grazie a moderni standard di ricerca, furono rinvenuti altri cinque siti archeologici sommersi a una profondità da 30 a 6 metri. Una serie di costruzioni stilisticamente simili, nonostante la grande varietà di dettagli architettonici, tra cui strade lastricate, incroci, un'enorme altare e una scalinata sormontata da piloni altissimi che conduceva a una via processionale con piazze e vie...

Se l'isoletta di Yonaguni e quelle di Aguni e di Kerama, a sud-ovest di Okinawa, avevano rivelato che i loro fondali erano pieni di rovine sommerse, e benché durante tutte le esplorazioni subacquee fossero venute alla luce molte strutture collegabili a Yonaguni, i singoli siti possono essere identificati come la struttura di una grande città... che giace in fondo al Pacifico.

L'edificio più grande scoperto finora, si trova a 30 metri di profondità a est di Yonaguni: è un manufatto di 80 metri di lunghezza per 15 di altezza.

Tutti questi monumenti sommersi sembrano realizzati con arenaria granitica e assomigliano a certi antichi edifici di Okinawa, come per esempio il Castello Nakagusuku, risalente all'inizio del primo millennio a.C..

I suoi costruttori e la cultura che li realizzò sono sconosciuti, e circolano tra gli abitanti di Okinawa strane superstizioni.

Altri parallelismi con antichi edifici sacri di Okinawa si trovano vicino a Noro, dove antiche sepolture con lo stesso stile lineare sono ancora venerate dagli isolani. Molto interessante è il termine con cui le identificano gli abitanti di Okinawa: "Moai", la parola usata dai Polinesiani dell'Isola di Pasqua - a 6.000 miglia di distanza - per le statue gigantesche dei loro antenati!

Ma non finisce qui. Sembra che tutto il Pacifico, dalle Isole Hawai al Perù, sia connesso in qualche modo a queste strutture stilistiche di tipo lineare e "spartano", che spesso hanno mantenuto il loro aspetto religioso e vengono ancora venerate.

Uno dei casi più significativi è il sito religioso di Pachacamac, situato a poche miglia a sud di Lima, che fu meta di pellegrinaggi da tutto il Tiawantisuyu, l'Impero Inca, prima della sua distruzione da parte dei "Conquistadores" capitanati da Hernando Pizarro, fratello di Francisco.

Anche questa città costruita con mattoni di fango seccati al sole, testimonia con le sue ampie scalinate e piazze, molte analogie con gli edifici sommersi nei pressi di Okinawa...

Ci sono poi altri due siti pre-incaici situati a nord, nei pressi di Trujillo, che suggeriscono a loro volta elementi comuni alle strutture sommerse giapponesi.

In particolare, il cosiddetto Tempio del Sole, una piramide a terrazze costruita 2.000 anni fa da un popolo conosciuto come Mochè. Alta più di 30 metri per 200 di lunghezza, fu costruita su una piattaforma di mattoni crudi ed era il centro cerimoniale d'una città di 30.000 abitanti. La sua somiglianza con la struttura sommersa di Yonaguni è a dir poco sconcertante.



Dalla parte opposta del Pacifico, secondo la tradizione, regnava Jimmu, il primo imperatore del Giappone, padre di Hai, il fondatore della leggendaria società giapponese.

Un altro imperatore mitico dell'antichità fu Temmu, che difese le Kojiki (Memorie degli Antichi) e il Nihongi (Cronache del Giappone).

Nel nord del Giappone scorre un fiume considerato sacro perché avrebbe condotto nel paese la prima razza di esseri semi-divini: era chiamato Fiume Mu. E in giapponese, la parola "Mu" significa "ciò che non esiste più"...

Si riferisce forse a una terra che non oggi non esiste più?

Sull'isola di Kaua'i, gli Hawaiani raccontano di Mu (o Menehune), un eroe arrivato in un lontanissimo passato a bordo di un'isola galleggiante...!

Il più antico canto Hawaiano è il Kumulipo, il racconto di un'inondazione che distrusse il mondo. Conclude evocando una terribile catastrofe naturale in cui si udirono molti tuoni e si videro le onde del mare sommergere tutto, mentre la terra veniva distrutta dal terremoto.

Tutte le antiche tradizioni locali parlano di un continente inabissato, tuttavia sembra che i sonar non abbiano mai rilevato alcunché che possa collegarsi a qualcosa di simile... eppure ci sono molti "enigmi" che ce lo farebbero pensare.

Si direbbe quasi che un'architettura a dir poco provocatoria si sia sviluppata in passato tra il Sudamerica e il Giappone attraverso la Polinesia, e che una cultura comune abbia lasciato sul posto dei portali sacri.

Nel sito di Tiahuanaco (Bolivia), la grande città cerimoniale situata nei pressi del Lago Titicaca, ci sono due di questi monumenti. Uno è quello del tempio Sunken posto all'inizio e contraddistinto dalla grande statua di un dio; mentre l'altro, alla fine del complesso, è la famosa "Porta del Sole", orientata con tutti i fenomeni noti del Sole.

Nell'isola di Tonga, in Polinesia, c'è il Haamonga-a-Maui, un monumento di pietra di circa 5 metri d'altezza e del peso di oltre 100 tonnellate; è allineato con l'alba del solstizio d'estate. Composto da due pietre in posizione verticale sormontate da un'architrave scolpita, il nome "Haamonga-a-Maui" si traduce come "L'onere di Maui", il leggendario dio polinesiano che pescò queste isole dal mare.

La leggenda vuole che Maui abbia portato a Tonga questo monumento calcareo corallino da Uve, nel territorio francese delle Isole Wallis e Futuna.


Il Giappone è zeppo di monumenti sacri di questo tipo, anche se molto spesso sono in legno. Famoso è il Torii, nel cui termine sembra di riconoscere la radice Indo-Europea "Tor" (portale).

Una caratteristica delle strutture sommerse nelle vicinanze di Okinawa è la presenza di un portale in pietra massiccia.

I Romani, che a maggio celebravano la festa di Lemuria, decoravano con i simboli del loro impero le porte cerimoniali.

Queste intriganti coincidenze, cui si sommano le testimonianze archeologiche e quelle delle tradizioni locali, convincono sempre di più i ricercatori che doveva esistere una potente "Cultura X" in mezzo al Pacifico, in grado di influenzare con la sua civiltà tutte le popolazioni circostanti, benché distanti.

La loro conclusione è stata ulteriormente confortata da recenti scoperte nei dintorni delle isole Ryukyu: strutture sommerse le cui caratteristiche architettoniche sono affini sia a quelle pre-incaiche del Perù, sia a quelle sommerse al largo di Okinawa.

È certo che l'inabissamento di costruzioni come queste può provocare più domande che risposte.

Quanti anni hanno? Perché sono sott'acqua? Chi le ha costruite? A quale scopo?

Le prove raccolte finora indicano che il sito non fu distrutto da una catastrofe improvvisa, in quanto quasi nessuno dei monumenti denota danni strutturali, crepe o pietre staccate. Sembra praticamente intatto, come se fosse stato sommerso lentamente da un livello marino in lento ma costante aumento, a cui forse si è aggiunto un altrettanto lento collasso del suolo.

Cayce disse che Lemuria "iniziò" ad affondare nell'8.700 a.C..

I siti giapponesi sono indubbiamente molto antichi, anche se non è possibile una datazione al radiocarbonio, per via della pulizia prodotta sul materiale dalle forti correnti.

E poiché nel complesso la loro somiglianza con il sito hawaiano di Heiau dimostra che furono anch'essi di natura cerimoniale, sembrano meno difficili da capire degli altri. Le loro scalinate conducono fino a piattaforme attualmente vuote, dove probabilmente sorgevano dei santuari in legno. Gli archeologi americani non sono ancora in grado di pronunciarsi.

Si direbbe che un evento geologico di immane portata abbia sconvolto un'area del Pacifico dove sorgeva una grande civiltà.

Ulteriore prova che la Terra è soggetta periodicamente a catastrofi di questo tipo, in grado di distruggere non solo i continenti, ma anche il loro ricordo... quasi del tutto.

E tutto sta proprio in quel "quasi".

Se la città affondata di Okinawa è la perduta Lemuria (gli indizi a questo proposito sono davvero tanti), dobbiamo anche chiederci come mai i resti del Tempio della Sfinge a Giza abbiano così tante affinità stilistiche con la città in fondo al Pacifico.

Idem dicasi per l'Osireion, il tempio parzialmente sommerso di Abidos, la cui datazione è tra le più contestate. È attribuito alla XIX dinastia, ma agli "investigatori" non sfugge che si tratta dello stesso stile tipico delle costruzioni della Piana di Giza "ritenute" della IV dinastia...

Vorrei aggiungere infine - per dare a questa osservazione il rilievo che le spetta - che lo stile lineare della città sommersa ricorda la Grande Piramide...

E se è vero che l'impero di Mu era precedente a quello di Atlantide...



FONTE

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