Tratto da: Link
Vi è mai capitato di sentirvi stranieri alla Terra?
Vi è mai capitato di pensare che questo pianeta non sia il vostro pianeta di origine?
Di ricordare mondi multidimensionali dove il concetto di vita è armonico, espanso, radioso?
Di sentirvi stretti, troppo stretti, nel concetto di realizzazione della vita terrestre?
Forse, vi siete domandati se il vostro animo non si sia fatto suggestionare dalla visione di “Guerre stellari” o dalla lettura de “Il Signore degli Anelli”, ma la risposta esatta non è questa.
Vi capita di sentirvi così perché appartenete all'antichissima stirpe dell'Archetipo Galattico.
"Si può definire il destino come una forma archetipa che s'impone ad ogni essere al momento della sua nascita. Una volta decretata la forma, nulla la può più cambiare: essa discende nella materia per realizzarsi. Non serve a niente prendere precauzioni e sfuggire alle prove e alle difficoltà previste affinché "ciò che è scritto si compia". L'unico modo di accordarsi con il destino, è considerare le difficoltà e le prove di questa esistenza come occasioni e risolverle. Certi che esse rappresentino per ciascuno di noi, il mezzo migliore per evolvere. "”
Omraam Mikhaël Aïvanhov
Li scorgiamo nei sogni, nell’arte, nella letteratura, nei miti che ci appaiono profondi, commoventi, universali e, a volte, sono evidenti nel nostro stesso linguaggio corporeo.
Gli archetipi sono numerosi e ci distinguono l'uno dall'altro, nonostante all'apparenza fisica noi
Esistono archetipi pregni di una visione razionalistisca del mondo; fissati in realtà atomiche, illuministiche, scientifiche; serrati nella tangibile realtà dei loro cinque sensi. La loro razionalità non è una scelta, ma l'impronta che il loro archetipo ha fissato al momento della nascita in segno della loro appartenenza energetica. È inutile, quanto dannoso, il tentativo di mostrare loro vie non razionalistiche, il loro archetipo non le riconosce. Quando due diversi archetipi si parlano, l'unica via possibile e l'accettazione delle reciproche differenze di visione del mondo e della vita; l'unica via sempre augurabile è quella del “Vivi e lascia Vivere”, ormai così poco percorsa in questa realtà sempre più schematica, che tutto restringe e tutto globalizza.
Per l'archetipo Galattico la Terra non è una materia da possedere e sfruttare; per Esso la Terra ha un nome ed un'essenza che potremmo definire anima. Per Esso gli uomini sono fratelli nell'universo stellare dalle mille forme e dalle mille differenze. Nel suo universo non è necessario pretendere che tutti siano uguali per creare una fratellanza, ed Esso non desidera dominare un'altro essere, nello stesso modo in cui non desidera possedere la Terra.
In questo momento buio il nostro archetipo ci parla, ci chiama e ci esorta al risveglio. Esso è il faro che nascendo da noi ci indica la via che porta verso Venere, Sirio, la Stella del Mattino e delle Sera.
Esso ci parla da quella parte di noi che Freud ha definito Ego, ovvero quella parte di noi che ci fa considerare Altro rispetto agli altri esseri. Ma questa società è davvero insidiosa, perché quando sembra che riesca a superare la via del razionalismo, tenta comunque di incastrarci nei pensieri New Age che tutto mescolano e tutto confondono, invitandoci a percorrere una via “evolutiva” attraverso il sacrificio del nostro Ego, proprio quella parte più antica e più sacra di noi.
Non bisogna confondere l'Ego con i limiti della nostra personalità terrestre. L'Ego custodisce la Minne, la Memoria, il Ricordo di ciò che veramente siamo. L'Ego ci parla di noi e crea per noi visioni di mondi conosciuti e conservati nel nostro antico ricordo. L'Ego urla in noi, affinché ci muoviamo verso la necessaria liberazione dai confini e dalle illusioni di questo mondo, e della nostra personalità terrena.
L'impossibilità di percorrere questo viaggio porta ad una perdita del senso della vita: la vita diventa priva dell'evoluzione di ciò che Jung chiamava “l'archetipo dell'individuazione”, della ricerca intesa come individuazione del sé.
La propria autorealizzazione.
E' su questo che si gioca la nostra vita e, di conseguenza, la vita degli Archetipi. La trasformazione individuale che il destino ci impone nel percorso che ci porta verso i nostri Archetipi, richiedere il sacrificio della nostra attuale identità. Questo sacrificio potrà avere conseguenze diverse, a seconda che sia rifiutato o assecondato e investito di senso.
E' su questo che si gioca la nostra vita e, di conseguenza, la vita degli Archetipi. La trasformazione individuale che il destino ci impone nel percorso che ci porta verso i nostri Archetipi, richiedere il sacrificio della nostra attuale identità. Questo sacrificio potrà avere conseguenze diverse, a seconda che sia rifiutato o assecondato e investito di senso.
Come in ogni rito di iniziazione-passaggio, il "ciclo " deve essere percorso, con separazioni, prove e doni. Questo processo inizia generalmente con la lacerazione della nostra personalità terrena e con la sofferenza che ne consegue.
Il turbamento iniziale dell'individuo costituisce una sorta di “chiamata”. Questa energia che chiamandolo crea in lui un conflitto, viene definita: Il Drago.
Se l'individuo non accetta la chiamata del proprio Archetipo-Drago e sceglie di nascondere a sé stesso lo slancio che lo porterà verso la scoperta della propria vera identità e della propria vera interiorità, è perché questa scelta gli pare, in quel momento, l'unico sistema possibile per contenere le tensioni e i conflitti che la chiamata gli crea.
Egli sa che questa “forza” lo spingerà ad una nuova evoluzione e quindi ad una nuova vita. Questa forza dunque può apparirgli negativa, perché l’unica cosa che sa con certezza è che questa “forza” distruggerà la propria vita per come la conosce, e distruggerà sé stesso per come si conosce fino ad allora.
La verità è che la forza del Drago non è mai negativa, per quanto possa spaventarci.
Per dirla con le parole di C.G. Jung :
“Se l'individuo non ascolta la chiamata del Drago questa e', a dirla schietta, una catastrofe, in quanto e' un sacrificio volontario. Quando il sacrificio e' volontario, non si ha solo un crollo, ma il sovvertimento di tutti i valori con la distruzione di tutto ciò che un tempo fu sacro.”
Incontrare sé stessi non è però un'esperienza facile, né piacevole; per questo motivo generalmente spendiamo una buona parte delle nostre energie per allontanarci da questa possibilità.
A volte però la vita, o il nostro stesso Archetipo ci impongono l'obbligo di affrontare questo confronto.
Nell'immaginario collettivo questa capacita' di confrontarsi continuamente con sé stessi e di essere responsabili delle proprie decisioni, e' raffigurata da un Mito: il Mito di Ulisse.
Egli risponde alla chiamata del Drago e percorre il proprio destino. Il richiamo alla vita proviene dal proprio inconscio e lo costringe a cercare, e seguire sempre la propria strada, obbligandolo a rimanere fedele a sé stesso, nonostante il dolore arrecato a sé e agli altri.
Egli risponde alla chiamata del Drago e percorre il proprio destino. Il richiamo alla vita proviene dal proprio inconscio e lo costringe a cercare, e seguire sempre la propria strada, obbligandolo a rimanere fedele a sé stesso, nonostante il dolore arrecato a sé e agli altri.
Troncare gli affetti, voltare le spalle al mondo che abbiamo costruito è terribile, perché non abbiamo nessun'altra giustificazione, all'infuori della fedeltà a noi stessi.
Tale modalità di agire l'individuo la potrebbe vivere come un tradimento, ma anche se non ne è pienamente consapevole, ciò che Egli tradisce, voltandogli le spalle, è il collettivo, è la società.
Quando l'Amore scorre tra due persone esse si appartengono e sono compagni di viaggio in questa vita, qualsiasi ruolo esse abbiano sulla Terra; allora il percorso evolutivo si affronta insieme, ed insieme la chiamata del Drago.
La percezione di tradimento, in questo contesto, va dunque intesa come il liberarsi dai lacci e dai vincoli che, sotto la maschera del dovere e della coerenza, nascondono il volto del conformismo e della paura di essere sé stessi. Rispondere alla chiamata del Drago, tradire la propria collettività per andare incontro a sé stessi, porta alla conoscenza del proprio Archetipo e della parte più antica, più intima e più vera di noi. L'Eroe, per riuscire nel proprio intento deve rinascere, deve penetrare infondo alle proprie origini per venire nuovamente alla luce, deve subire la trasformazione che lo farà accedere alla propria vera natura per farlo rinascere come un Altro.
Non è sicuramente una via che porta alla realizzazione del senso della vita sulla Terra, quella strada che ci chiede continuamente di tradire noi stessi e il nostro diritto all'autorealizzazione.
Nessuno può imporre ad altri esseri umani tali sacrifici, perché nulla sulla Terra vale un tale sacrificio. Non importa da dove o da chi sia partita l’idea o l’intuizione iniziale della via del sacrificio; ciò che conta è che è sempre il Dominatore, il Prevaricatore, il Cannibale che chiede di sublimare il proprio egoismo nel sacrificio degli altri.
Ma cos’è l’egoismo e l’altruismo?
Per parlare di un argomento così semplice e allo stesso tempo così confuso e mal utilizzato nei tempi bui in cui ci troviamo, voglio ispirarmi a Lao Tzu. Egli indagò l’egoismo e l’altruismo ben 2.500 anni fa e la sua interpretazione, che rielaboro e riassumo di seguito, è ancora oggi viva e fresca.
Se l’etimologia ha la stessa radice, perché non è compreso nel senso di ego-ismo “colui che ama sé stesso”?

Qualsiasi cosa tenterete di sopprimere risorgerà ancora più forte, perché la strada non è la soppressione, ma la comprensione, prima di tutto di sé stessi. Solo essendo così egoisti da dedicarci all’amore di noi stessi; alla ricerca di noi stessi; alla nostra scoperta e alla nostrarealizzazione, potremo trovare la strada che ci porterà all’autentico altruismo.
Abbandoniamo quindi il timore di essere Ego e la preoccupazione di essere egoisti, perché questi due erronei concetti sono i primi guardiani della soglia di chiunque tenti di liberare le proprie catene per andare incontro al proprio sacro e antico Archetipo.

Questo pensiero dice che se sulla Terra c'è una popolazione di sette miliardi di persone, sono sufficienti novemila persone con un pensiero diverso, con una visione della realtà libera, pulsante, viva, per modificare i paradigmi di questa realtà.
Se il vostro archetipo vi ha chiamato, voi potete guardarlo in faccia ed iniziare a camminare con Esso. Iniziate a sentirlo. Iniziate ad ascoltare quello che all'inizio potrà sembrarvi il suo debole sussurro. Iniziate a visualizzare i costringimenti che le illusioni di questa realtà vi creano intorno e lasciate che si sciolgano, uno ad uno.
Questa realtà non esiste.
Nulla è come vi hanno raccontato. Iniziate a sollevare le teste e ad uscire dai vostri nascondigli perché uno di noi è arrivato alla base e ha urlato: “Tana, libera tutti!”.
Tratto da “Il Risveglio dell'Eroe” di Penelope Griffith London
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