Protagonista dell'iconografia sacra e non sin dall'antichità, accostato da sempre a tutto ciò che è luminoso, delicato, sensibile, solare, il delfino è un animale che può rivelarsi molto utile nei casi di riabilitazione motoria e psichica
Prima di capire cos'è la delfinoterapia, spendiamo due parole sulla pet therapy, la terapia dolce basata sull'interazione tra paziente e animale. Ora, "pet" è una delle prime parole che si imparano a scuola o in altri impatti anglofoni. La parola viene solitamente tradotta con "animaletto domestico" o qualcosa del genere. Nella pet therapy però non si impiegano solo cani, gatti, criceti, conigli, uccellini. In realtà, in questo grande insieme ricadono anche cavalli, mucche e capre. Pesci, pure, e non solo quelli da acquario, ma anche i delfini: la branca della pet therapy che impiega questi animali a scopo riabilitativo prende il nome di dolphin therapy o delfinoterapia.
I delfini tra leggenda e scienza
La leggenda collega l'origine dei delfini a una punizione che Dioniso inflisse a un gruppo di pirati: dopo averli lanciati in mare, pensò bene di trasformarli in delfini e, da quel momento, questi animali avrebbero poi sviluppato una forma di melanconico affetto verso noi esseri umani. Le successive leggende ricalcano tutte questo mito, in un modo o nell'altro: il musicista greco Arione pare siano stati i delfini a riportarlo a riva sano e salvo; scrittori autorevoli come Plinio il Vecchio ci narrano di splendide amicizie tra delfini e fanciulli.
Poi la scienza ha contribuito a dimostrare l'intelligenza dei delfini, che pare sia superiore anche a quella degli scimpanzé. Come questi ultimi, i delfini hanno intelligenza sociale, capacità di utilizzare strumenti, capacità di risolvere problemi inediti, capacità (mediante imitazione) di trasmettere i caratteri culturali acquisiti, coscienza. E persino, a quanto pare, autocoscienza (si riconoscono allo specchio). Rispetto agli scimpanzé, hanno però un tasso di encefalizzazione (il rapporto tra il peso del cervello e il peso del corpo) più alto, secondo solo al nostro. I delfini hanno, inoltre, una neocorteccia molto complessa e sviluppata. E la neocorteccia negli umani è la sede delle capacità cognitive superiori: da quelle relative alla soluzione di problemi, all’intelligenza sociale, alla coscienza.
Cos'è la delfinoterapia
La delfinoterapia è fatta di interazioni giocose, contatto tattile, visivo. Conosciuta anche come DAT (Dolphin Assisted Therapy = Terapia Assistita con i Delfini), la delfinoterapia è stata teorizzata e applicata per la prima volta da David Nathanson e Betsy Smith, docenti presso la Florida International University di Miami, possono considerarsi i pionieri nel campo della terapia assistita dai delfini, cui si dedicano fin dalla fine degli anni '70. A introdurre la delfinoterapia in Italia è stata invece l'Associazione Arion, che ha portato i "terapeuti a sangue caldo" presso il Delfinario di Rimini, dove sono attivi anche programmi estivi per bambini.
Con l'aiuto dei delfini i pazienti sviluppano meglio la parte del cervello deputata alla comunicazione all'area affettiva. La delfinoterapia ha dato riscontri positivi in casi di bambini affetti da disturbi dell'infanzia e dell'adolescenza, da autismo, sindrome di Down, problemi di concentrazione o apprendimento. La delfinoterapia è utile anche nei casi di riabilitazione motoria: i pazienti che nuotano con i delfini risolvono più velocemente problemi di deambulazione, problemi di coordinazione e armonia del movimento, casi di disagio motorio post operatorio.
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