Per i Maya era fondamentale orientarsi correttamente nell'universo: questa "ossessione", strana per un popolo esistito secoli fa quando l'uomo era ancora lontano da quei viaggi nello spazio che oggi hanno contribuito a renderlo grande, costituiva il nucleo della loro cosmologia e della loro religione. Per comprendere i Maya è necessario comprendere questo. L'attenzione verso l'universo e lo sguardo fisso al cielo (condivisa da altri popoli antichi, anche più antichi dei Maya), si sono espressi in una grande competenza che l'uomo contemporaneo registra con un certo sbigottimento.
Uno sbigottimento che forse si fonda su un preconcetto: che i Maya e gli altri popoli dell'antichità fossero meno evoluti di noi. Eppure la storia dovrebbe averci insegnato che il suo percorso non è lineare, ma fatto di improvvisi salti in avanti e di altre impreviste regressioni.
Tra i Maya Quiché esisteva una casta di sciamani visionari, i nik wak'inel, "coloro che guardano il centro cosmico". Secondo questi sciamani, il centro del tempo e dello spazio si sarebbe rivelato proprio quando il loro grande ciclo calendariale sarebbe giunto al termine, il 21 dicembre 2012, quando il Sole e la Terra sarebbero stati allineati con il centro della galassia.
Ma qui ritorna la domanda che continuamente si insinua ogni volta che si narra la storia di questa popolazione precolombiana: perché i Maya hanno dedicato così tante energie all'orientamento galattico?
Esiste una risposta ed è in fondo molto semplice: perché loro si sentivano profondamente parte della galassia stessa e a essa sentivano di appartenere. Esiste poi un'altra risposta, ben più difficile da accettare, che vedremo in seguito.
Su questo radicato senso di comunione con l'universo e l'universale, in fondo molto naturale eppure stranamente distante da noi, è stato costruito il calendario maya, il calendario più elaborato che una civiltà abbia mai ideato. E il motivo di una tale elaborazione risiede nel fatto che esso non metteva al suo centro le vicende umane, non si fondava su queste, ma sulla totalità stessa dell'esistenza.
Il calendario maya ci dà una prospettiva alla quale non siamo abituati: le nostre vite fanno parte di un qualcosa di più ampio.
La differenza maggiore fra il popolo maya e noi occidentali risiede, infatti, in questo concetto: per loro il tempo, anche se esiste, è fatto di cicli; è come una fonte da cui sgorgano passato e futuro, con eventi che si ripetono a intervalli regolari, sia pur se ampi, con un principio e una fine per ogni cosa, ma anche con un rinnovamento che segue ogni fine. Per noi occidentali, invece, il tempo è costituito da una linea retta che va sempre avanti, che a volte può rallentare, ma che comunque fluisce e fluirà ineluttabilmente nella stessa direzione. Questa marcata differenza concettuale inevitabilmente indirizza le esistenze secondo prospettive opposte.
Lo studio sul Sole, portato avanti dai sacerdoti maya, è giunto alla conclusione che l'intero sistema solare si sposti, percorra una eclisse che ha come centro il centro della galassia, deducendone che il Sole e tutti i suoi pianeti si muovano in cicli, in relazione alla luce centrale della galassia. Esiste quindi una sorta di periodicità per ogni cosa e il calendario maya si fonda proprio sull'acquisizione di questo dato di fatto.
La maggior parte degli studiosi concorda nel ritenere che il calendario maya sia stato ideato dagli Olmechi che hanno abitato la città di Izapa dal 1500 all'800 a.C.; i Maya, che hanno abitato la stessa città a partire dal 250 a.C., avrebbero continuato il lavoro dei predecessori. Il calendario, così come lo conosciamo noi oggi, rappresenta l'apice di queste contaminazioni ed è databile tra il 100 e il 50 a.C.
Si tratta dell'unico calendario universale esistente perché si basa sulla precessione degli equinozi, un orologio che determina con esattezza il tempo a partire dall'osservazione della volta celeste, senza tenere conto delle convenzioni umane che, in quanto tali, non hanno nulla di universale.
E questo è perfettamente in sintonia con l'idea d'essere parte di un mondo che è sopra di noi e intorno a noi, un'idea ben più ragionevole di quella d'essere il mondo stesso.
Un'idea con la quale è bene prendere dimestichezza.
Lo scopo principale del calendario maya era quello di raccordare le azioni umane (degli uomini e dei capi maya) ai moti dell'universo in modo da armonizzarne i movimenti. Il suo fine ultimo era quindi trovare una concordanza con l'equilibrio universale in modo che le azioni dei re fossero in perfetta sinergia con i ritmi cosmici. Per raggiungere questo fine era necessario avere una visione chiara di quali fossero le leggi che regolano la vita su questo pianeta e fuori da esso.
Ci sono voluti quasi 100 anni per decifrare le tavole che ci sono pervenute da questo antico popolo e solo oggi comprendiamo il funzionamento del più complesso calendario mai concepito, nel quale credenze ed eventi astronomici si mischiano per calcolare e definire lo scorrere del tempo secondo cicli ed ere.
Un sistema perfetto che contiene tre calendari in uno.
Approfondisci con:
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http://andromedawaked.blogspot.com/2010/10/haab-il-secondo-calendario-maya.html
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