Il dolore è semplicemente l'attrito che si crea tra la traiettoria regolare, prescritta, e la direzione di movimento del singolo. Il dolore diventa superfluo solo se ci si sforza di individuare con chiarezza sempre maggiore la propria traiettoria e di inserirsi volontariamente in essa. Solo chi impara a sottomettersi alla legge non vivrà piú la propria esistenza come una costrizione. La libertà totale è sperimentata solo da chi si adegua all'ordinamento del cosmo in modo da fondersi con esso. "
Questo per altri richiede il superamento delle pretese di potere dell'ego. La volontà di potenza è il peggior nemico dell'uomo e si maschera in modo sempre piú raffinato.
Il polo contrario del potere si chiama umiltà o amore. In tutti i piani dell'esistenza dell'essere è soltanto l'amore che può superare la polarità di Io e non-Io. Solo la forza dell'amore trasforma veramente ciò che è basso in ciò che è alto ed è in grado di trasmutare. La lotta genera sempre lotta, l'odio sempre odio, la pressione genera una contropressione. Nell'amore si vede che il debole è in realtà il piú forte, l'umile il vero potente.
Cosí nei ventidue arcani dei tarocchi l'undicesima carta forma il centro; essa si chiama « la forza » e mostra una donna delicata, cinta di rose, che con le mani nude tiene spalancata la bocca di un leone. Questa carta simbolizza la forza e la potenza dell'amore, che può vincere il mondo senza esercitare alcuna forza esteriore.
Chi ha imparato a mettere in atto la grande potenza del servizio e dell'umiltà, ha fatto un gran passo per questa via. L'amore vuole superare la polarità degli opposti e ricondurre l'uomo a quella unità di coscienza dalla quale è precipitato un tempo attraverso il peccato originale.
L'uomo, che come essere androgino era ancora perfetto nell'unità del paradiso, diede retta ai suggerimenti del serpente e volle ottenere la conoscenza, volle sapere che cosa è bene e che cosa è male. Si separò quindi dall'unità e ora sa che cosa è bene e che cosa è male.
La conoscenza divenne per lui un veleno - e per questo solo la conoscenza stessa può essere per lui la medicina, perché « similia similibus curantur ». L'uomo si ammala per la polarità della conoscenza e spera nella guarigione. La situazione patologica consolida. l'umanità. La malattia è la grande chance dell'uomo, perché solo in quanto ammalato egli può essere curato e diviene capace di guarigione. La malattia è il peccato originale microcosmico ed è sempre un dissidio con Dio - la guarigione è la conciliazione con Dio. Tutte le misure esterne che portano alla guarigione possono fornire soltanto condizioni formali per questo evento.
Malattia e dolore non sono quindi disturbi negativi nella vita dell'uomo, *non sono cose da evitare, ma sono soltanto le premesse della liberazione, che debbono essere vissute e sofferte per trovare in profondità la luce. L'aspetto impersonale della malattia è la colpa originaria, mentre l'aspetto personale è definito karma.
Una vita consapevole dovrebbe essere tesa è, risolvere sempre píú il karma senza produrne altro. L'aspetto personale e impersonale della colpa formano un punto di ribaltamento, in cui la malattia si trasformo. in guarigione.
Solo quando l'uomo è pronto ad assumersi tutta la responsabilità di quello che vive e che gli accade, scopre la significatività del destino.
La malattia del nostro tempo è la mancanza di significato della vita, e questo mancanza di significato ha sradicato l'uomo dal cosmo. La mancanza di significato è il prezzo che l'umanità ha dovuto pagare per il suo tentativo di evitare la responsabilità. I segni del tempo portano a pensare che questa malattia collettiva si trasformerà in salvezza e sempre píú persone saranno indotte a riconquistare il senso del loro esistere.
Chi è disponibile ad assumersi la responsabilità del proprio destino, si ritrova inserito nelle leggi di questo universo e perde tutte le paure in quanto ha ritrovato il rapporto con la sua origine prima.
Soltanto questo ritrovato rapporto è il contenuto della vera religione.
Solo la conoscenza della propria origine prima consente all'uomo di riconoscere il proprio fine.
Il fine è la perfezione.
La perfezione è l'espressione dell'unità.
Questa unità noi la chiamiamo Dio.
tratto da:
"IL DESTINO COME SCELTA"
(psicologia esoterica)
di Thorwald Dethlefsen
(edizioni mediterranee)
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