“Prima di ogni cosa esisteva Altjeringa, il Mondo del Sogno; i Kundingas, i Padri venuti dallo spazio sognavano l’Australia, la nostra terra, cercando un luogo dal quale i loro discendenti avrebbero potuto trarre nutrimento e conoscenza”.
Un insolito passato
Il termine Aborigeni Australiani, identifica le popolazioni autoctone dell’Australia, ovvero i discendenti di coloro che, circa 60.000 anni fa giunsero in quel continente, anche se questa data è ancora molto discussa tra gli archeologi. Quello che più ci interessa ai fini di questo articolo, nonostante la loro storia sia un argomento non privo di importanti episodi, è il complesso di credenze, miti e raffigurazioni che riguardano un antico passato, un periodo nel quale si affaccia prepotente l’idea di una interazione con esseri provenienti dalle stelle. Quest’ultimo termine, diventato quasi un luogo comune quando ci si interessa di culture che riportano avvenimenti vicini all’ipotesi extraterrestre, è in questo caso perfettamente aderente alle tradizioni di coloro che vengono spesso indicati come i primi abitanti del pianeta terra.
Per quanto possa sembrare impossibile, ci sono cose in Australia che non si possono spiegare, cose che rendono questa terra, o comunque gran parte di essa, un mondo a parte, che è possibile osservare e recepire soltanto se ci si pone in uno stato introspettivo, liberandosi dai preconcetti. In questa “dimensione parallela”, l’unico padrone è il Sogno, un particolare stato della mente che permette, una volta superato il rito del Kadajingera, di distinguere una normale roccia da quella che invece rappresenta “il Sogno dell’Acqua”, oppure osservare gli anfratti tra i monti e trovare “il Sogno della Giustizia”. Non è soltanto una antica credenza, il residuo di atavici insegnamenti; per gli Aborigeni si tratta di una vera e propria eredità, il dono lasciato dai Fratelli dello Spazio. Gli Dei che scesero dal cielo sono una costante nella cultura di questo popolo, sono le radici stesse di un passato che si presenta con non pochi misteri da risolvere.
Quello che rimane sono delle pitture rupestri, in particolare quelle presenti nella zona di Alice Springs (dove è possibile imbattersi in pitture raffiguranti esseri con abiti spaziali); altri siti degni di nota sono quelli di Ndahla Gorge (degli Dei con antenne), di Yarbiri Soak e di Nimingarra. Un particolare curioso riguarda invece Moon City, che la leggenda vuole distrutta dal carro di fuoco del Dio del Sole; stranamente la zona risulta completamente erosa e disseccata, un fenomeno che gli archeologi attribuiscono ad un effetto della natura, senza però spiegare per quale motivo, tutto intorno, non esistano tracce di erosione.
Chi fossero questi misteriosi esseri non è facile dirlo; più ci si addentra nella cultura degli Aborigeni, più ci si scontra con realtà che non dovrebbero esistere. In un territorio ancora in gran parte selvaggio, teatro di innumerevoli avvistamenti Ufo, una creazione che ancora oggi qualcuno si ostina a definire “primitiva” è a conoscenza del legame esistente tra la luna e il ciclo delle maree (il mito di Alinda, l’Uomo Luna), ed è al corrente che la stessa luna ha un ciclo differente da quello del sole. Chi portò queste conoscenze? Possibile credere che siano nate dalla semplice osservazione della volta celeste?
Il mistero dei Wandjina
Molte delle tradizioni orali si riferiscono ripetutamente a delle particolari stelle, Beta e le Pleiadi, e tutte partono dai ricordi legati ai misteriosi Wandjina, esseri giganteschi, senza bocca, e dagli occhi neri, che portano sulla testa una sorta di aureola a raggi. Vengono molto spesso rappresentati con una infinità di trattini verticali, a simboleggiare la pioggia della quale sono i portatori; il loro capo, Maswac, è così potente che non ha bisogno della bocca per esprimere la sua autorità.
I Wandjina, che tradotto letteralmente significa “il Tutto”, vissero in un tempo chiamato “dei genitori”, un'era durante la quale alcuni di questi Dei, descritti come esseri umani giganteschi e senza bocca, con la testa raggiata e gli occhi neri, insegnarono le leggi agli uomini. In un periodo indeterminato della nostra storia i Wandjina subirono una trasformazione, e crearono il mondo attraverso il canto (da notare la somiglianza con il suono biblico, il Verbo e il Logos).
Provenivano da una particolare epoca, chiamata “Il Tempo del Sogno”, durante la quale gli Dei non avevano una forma ben definita, pur essendo comunque di enormi proporzioni. Loro principale compito fu quello di insegnare "le leggi, i precetti e le regole di comportamento", oltre che introdurre i rituali e le pratiche cerimoniali ancora oggi in uso presso le varie tribù.
Importante osservare come le tribù indigene indichino questi Dei con un secondo nome, “Lo Spirito nella Nuvola”, raffigurando una sequenza di figure umane stilizzate insieme a rappresentazioni di nuvole. Questa dualità di forme antropomorfe e nuvole è molto diffusa nelle culture primitive, e trova anche un interessante parallelo nei racconti biblici narrati nel Libro dell’Esodo.
Ma le maggiori somiglianze sono quelle riscontrate con gli antichi e moderni racconti riguardanti l’interazione con il nostro pianeta di esseri provenienti dallo spazio; per quanto questa ipotesi possa apparire scontata, ed essere magari etichettata come il solito argomento portato avanti dai ricercatori in campo ufologico, esistono alcuni fatti che, ad oggi, non trovano alcuna spiegazione plausibile se non quella appena citata. Alcune tribù Aborigene, ad esempio, raccontano di un essere chiamato Djamar; veniva dallo spazio e atterrò sulla terra a bordo di un oggetto lucido, lasciando sul terreno quattro fori perfettamente regolari.
Ancora oggi, si racconta che la sua presenza sia preceduta da un forte vento, e ancora oggi, nel letto di sassi di un torrente, sono visibili i fori prodotti dalla sua “macchina volante”; a riprova della veridicità del loro racconto, gli Aborigeni mostrano le colline circostanti sulle quali non cresce più alcuna pianta, e le cortecce danneggiate, tutti danni permanenti provocati dall’atterraggio di Djamar; difficile a questo punto non fare un raffronto con i risultati delle indagini condotte sul presunto atterraggio di Ufo in epoca moderna.
Il veivolo di Djamar si chiamava “Tjurunga”, e viene descritto come un lungo e lucente oggetto sigariforme dalle tante luci. Altra tradizione “sospetta”, è quella che parla degli “uomini intelligenti” o “uomini di alto grado” e delle loro “ascensioni celesti”. Si tratta degli sciamani aborigeni, i cui rituali di iniziazione mostrano un sorprendente parallelismo con la descrizione dei moderni casi di Abduction; lo stesso dicasi per il rituale di “morte e resurrezione”, durante i quali, al risveglio dallo stato estatico, il candidato racconta di un meraviglioso mondo celeste, e tutti i soggetti, anche se appartenenti a tribù diverse e non in contatto tra loro, descrivono lo stesso scenario.
Riassumendo abbiamo: stato di estasi (rapimento da parte degli Dei celesti), rimozione rituale di parti del corpo (esperimenti sulle vittime dei moderni rapimenti), salite aeree e viaggi in strani mondi (descrizione delle astronavi da parte dei rapiti), trasformazione personale (esperienze mistiche dei rapiti). A riprova di quanto appena detto ecco un confronto tra due diverse testimonianze:
Frank Lavery, contattista australiano, da una dichiarazione rilasciata nel luglio del 1977: “…ero sdraiato sul pavimento di una stanza poco illuminata…alzai gli occhi e vedi una figura umana…poi una fascio di luce bianca mi abbagliò…mi sollevavo piano da terra…ma opponevo resistenza e poco dopo mi sentii precipitare in basso…”.
Racconto di uno sciamano Aborigeno: “…ero sdraiato…un fascio di luce bianco abbagliò il mio occhio interiore…un uomo, molti uomini…mi sentivo salire verso l’aria, in alto, nel cielo, ma lo sforzo era troppo e tornai alla piena consapevolezza”.
Dreamtime: Il tempo del Sogno
Nella mitologia degli aborigeni australiani, il “Dreamtime”, il Tempo del Sogno, rappresenta l'epoca precedente alla creazione del mondo, voluto dalle “creature sognanti” che cantavano tutto il creato. Ognuno di questi canti è la descrizione del percorso che segue ogni creatura ancestrale durante il suo viaggio originario; importante rilevare che ogni canto, quasi fosse una vera e propria mappa, possiede una propria struttura musicale, a sua volta corrispondente alla morfologia del territorio attraversato.
Il Tempo del Sogno è un elemento comune a tutte le tradizioni culturali aborigene, anche se poi molto spesso diverse tra loro per altri versi; le origini delle storie riferite al Tempo del Sogno si perdono nella notte dei tempi, tramandate sempre allo stesso modo da più di 40.000 anni. Per quanto possa apparire semplice nella sua esposizione, il Dreamtime in realtà si esprime attraverso regole ben precise e contiene molte parti, queste quelle principali:
1. La storia delle cose che sono accadute.
2. Come si venne a creare l'universo.
3. Come furono creati gli esseri umani.
4. Come il Creatore sognò il loro ruolo all’interno del cosmo.
I racconti relativi al Sogno accennano spesso a Jiva o Guruwari, una sorta di seme di energia che venne depositato sulla Terra, la cui potenza creatrice è proprio il Sogno, capace di plasmare e dare vita ad ogni cosa. Anche lo stesso termine (Dreamtime), assume significati diversi in base al contesto nel quale viene usato; il Tempo del Sogno, infatti, si riferisce al “tempo prima del tempo”, oppure al “tempo della creazione di tutte le cose”, mentre per riferirsi a un individuo oppure a un gruppo di credenze e tradizioni si usa l’espressione Dreaming.
Ayers Rock: la montagna sacra
Quando si scrive dell’Australia, degli Aborigeni e dei misteri che li circondano, non si può non citare il monolito più grande del mondo: nove chilometri di circonferenza e una moltitudine di enigmi, fanno di Ayers Rock una sorta di totem che simboleggia il mito della creazione. Nella tradizione sacra il luogo prende il nome di Uluru, il Cuore Rosso, plasmato dai Padri dello spazio quando il mondo era ancora piatto e senza alcuna forma.
Gli aborigeni rappresentano i più antichi abitanti del Cuore Rosso, la loro esistenza, infatti, fa retrodatare di oltre 30.000 anni la presenza dell'uomo in Australia. Le varie tribù, che tra loro si definiscono genericamente con il nome di Arunta, sono accomunate da un complesso di credenze mitiche e religiose intimamente legate alla natura, e in particolare, proprio alle strutture rocciose di Ayers Rock e dei vicini Monti Olgas. Nelle caverne che si aprono alle pendici, pitture e graffiti raccontano da millenni una antica eredità, lasciata a questo mondo da misteriosi esseri provenienti dalle stelle.
Proprio su questo complesso roccioso abitavano, ai tempi dell’Altjeringa, gli Uomini Lepre, conosciuti come Pitjantjarjiara, o più comunemente come Kundingas; a questi misteriosi esseri si affiancavano gli Uomini Lumaca (Yankuntjatjara). Nelle grotte ai fianchi della montagna, alle quali il Governo Australiano ha vietato l’accesso tranne che per gli Aborigeni, nei pressi di una roccia chiamata “il Sogno del Saggio”, si svolgono le cerimonie di iniziazione alla Kadajingera.
Spostandosi da Ayers Rock, i Kundingas, metà uomini e metà animali, avevano iniziato a sognare; questo termine, che ricorre molto spesso nei racconti degli Aborigeni, non deve essere inteso nel senso comune che siamo soliti attribuirgli, si tratta in realtà di una via di mezzo tra il creare e il cantare. I Kundingas attraversarono tutto il territorio australiano alla ricerca di fonti, di rocce, e di percorsi che si sarebbero in seguito rivelati utili ai loro discendenti; durante i loro spostamenti creavano gli uomini dall’argilla, lasciandosi dietro una lunga scia di note musicali.
Quando ripartirono (secondo alcune tradizioni si addormentarono all’interno degli alberi), lasciarono il ricordo del loro sogno nei ricordi e nelle tradizioni dei loro figli, gli Aborigeni. Gli Aborigeni che hanno superato il rito magico iniziatici (Kadajingera), sono in grado di vedere questo mondo, ma poiché la terra nacque dal seme universale, la sua energia appartiene a tutti e da tutti può essere osservata; anche i bianchi, quindi possono distinguere una semplice roccia da una roccia che esprime invece il Sogno dell'Acqua.
Coloro che sono in grado di sognare pur non essendo Aborigeni vengono definiti “Cumbo”, e tutti sono legati da particolari vincoli di parentela, completamente diversi da quelli che noi concepiamo; un Aborigeno, così come un Cumbo, può avere infatti molti “padri” e molte “madri”. Si tratta forse della più antica e semplice spiegazione di un legame tra l’uomo e alcune forme di vita che dimorano nello spazio, un legame che un tempo era ben conosciuto, e che oggi rimane uno dei più antichi misteri da riscoprire.
Fonte:
Un insolito passato
Il termine Aborigeni Australiani, identifica le popolazioni autoctone dell’Australia, ovvero i discendenti di coloro che, circa 60.000 anni fa giunsero in quel continente, anche se questa data è ancora molto discussa tra gli archeologi. Quello che più ci interessa ai fini di questo articolo, nonostante la loro storia sia un argomento non privo di importanti episodi, è il complesso di credenze, miti e raffigurazioni che riguardano un antico passato, un periodo nel quale si affaccia prepotente l’idea di una interazione con esseri provenienti dalle stelle. Quest’ultimo termine, diventato quasi un luogo comune quando ci si interessa di culture che riportano avvenimenti vicini all’ipotesi extraterrestre, è in questo caso perfettamente aderente alle tradizioni di coloro che vengono spesso indicati come i primi abitanti del pianeta terra.
Per quanto possa sembrare impossibile, ci sono cose in Australia che non si possono spiegare, cose che rendono questa terra, o comunque gran parte di essa, un mondo a parte, che è possibile osservare e recepire soltanto se ci si pone in uno stato introspettivo, liberandosi dai preconcetti. In questa “dimensione parallela”, l’unico padrone è il Sogno, un particolare stato della mente che permette, una volta superato il rito del Kadajingera, di distinguere una normale roccia da quella che invece rappresenta “il Sogno dell’Acqua”, oppure osservare gli anfratti tra i monti e trovare “il Sogno della Giustizia”. Non è soltanto una antica credenza, il residuo di atavici insegnamenti; per gli Aborigeni si tratta di una vera e propria eredità, il dono lasciato dai Fratelli dello Spazio. Gli Dei che scesero dal cielo sono una costante nella cultura di questo popolo, sono le radici stesse di un passato che si presenta con non pochi misteri da risolvere.
Quello che rimane sono delle pitture rupestri, in particolare quelle presenti nella zona di Alice Springs (dove è possibile imbattersi in pitture raffiguranti esseri con abiti spaziali); altri siti degni di nota sono quelli di Ndahla Gorge (degli Dei con antenne), di Yarbiri Soak e di Nimingarra. Un particolare curioso riguarda invece Moon City, che la leggenda vuole distrutta dal carro di fuoco del Dio del Sole; stranamente la zona risulta completamente erosa e disseccata, un fenomeno che gli archeologi attribuiscono ad un effetto della natura, senza però spiegare per quale motivo, tutto intorno, non esistano tracce di erosione.
Chi fossero questi misteriosi esseri non è facile dirlo; più ci si addentra nella cultura degli Aborigeni, più ci si scontra con realtà che non dovrebbero esistere. In un territorio ancora in gran parte selvaggio, teatro di innumerevoli avvistamenti Ufo, una creazione che ancora oggi qualcuno si ostina a definire “primitiva” è a conoscenza del legame esistente tra la luna e il ciclo delle maree (il mito di Alinda, l’Uomo Luna), ed è al corrente che la stessa luna ha un ciclo differente da quello del sole. Chi portò queste conoscenze? Possibile credere che siano nate dalla semplice osservazione della volta celeste?
Il mistero dei Wandjina
Molte delle tradizioni orali si riferiscono ripetutamente a delle particolari stelle, Beta e le Pleiadi, e tutte partono dai ricordi legati ai misteriosi Wandjina, esseri giganteschi, senza bocca, e dagli occhi neri, che portano sulla testa una sorta di aureola a raggi. Vengono molto spesso rappresentati con una infinità di trattini verticali, a simboleggiare la pioggia della quale sono i portatori; il loro capo, Maswac, è così potente che non ha bisogno della bocca per esprimere la sua autorità.
I Wandjina, che tradotto letteralmente significa “il Tutto”, vissero in un tempo chiamato “dei genitori”, un'era durante la quale alcuni di questi Dei, descritti come esseri umani giganteschi e senza bocca, con la testa raggiata e gli occhi neri, insegnarono le leggi agli uomini. In un periodo indeterminato della nostra storia i Wandjina subirono una trasformazione, e crearono il mondo attraverso il canto (da notare la somiglianza con il suono biblico, il Verbo e il Logos).
Provenivano da una particolare epoca, chiamata “Il Tempo del Sogno”, durante la quale gli Dei non avevano una forma ben definita, pur essendo comunque di enormi proporzioni. Loro principale compito fu quello di insegnare "le leggi, i precetti e le regole di comportamento", oltre che introdurre i rituali e le pratiche cerimoniali ancora oggi in uso presso le varie tribù.
Importante osservare come le tribù indigene indichino questi Dei con un secondo nome, “Lo Spirito nella Nuvola”, raffigurando una sequenza di figure umane stilizzate insieme a rappresentazioni di nuvole. Questa dualità di forme antropomorfe e nuvole è molto diffusa nelle culture primitive, e trova anche un interessante parallelo nei racconti biblici narrati nel Libro dell’Esodo.
Ma le maggiori somiglianze sono quelle riscontrate con gli antichi e moderni racconti riguardanti l’interazione con il nostro pianeta di esseri provenienti dallo spazio; per quanto questa ipotesi possa apparire scontata, ed essere magari etichettata come il solito argomento portato avanti dai ricercatori in campo ufologico, esistono alcuni fatti che, ad oggi, non trovano alcuna spiegazione plausibile se non quella appena citata. Alcune tribù Aborigene, ad esempio, raccontano di un essere chiamato Djamar; veniva dallo spazio e atterrò sulla terra a bordo di un oggetto lucido, lasciando sul terreno quattro fori perfettamente regolari.
Ancora oggi, si racconta che la sua presenza sia preceduta da un forte vento, e ancora oggi, nel letto di sassi di un torrente, sono visibili i fori prodotti dalla sua “macchina volante”; a riprova della veridicità del loro racconto, gli Aborigeni mostrano le colline circostanti sulle quali non cresce più alcuna pianta, e le cortecce danneggiate, tutti danni permanenti provocati dall’atterraggio di Djamar; difficile a questo punto non fare un raffronto con i risultati delle indagini condotte sul presunto atterraggio di Ufo in epoca moderna.
Il veivolo di Djamar si chiamava “Tjurunga”, e viene descritto come un lungo e lucente oggetto sigariforme dalle tante luci. Altra tradizione “sospetta”, è quella che parla degli “uomini intelligenti” o “uomini di alto grado” e delle loro “ascensioni celesti”. Si tratta degli sciamani aborigeni, i cui rituali di iniziazione mostrano un sorprendente parallelismo con la descrizione dei moderni casi di Abduction; lo stesso dicasi per il rituale di “morte e resurrezione”, durante i quali, al risveglio dallo stato estatico, il candidato racconta di un meraviglioso mondo celeste, e tutti i soggetti, anche se appartenenti a tribù diverse e non in contatto tra loro, descrivono lo stesso scenario.
Riassumendo abbiamo: stato di estasi (rapimento da parte degli Dei celesti), rimozione rituale di parti del corpo (esperimenti sulle vittime dei moderni rapimenti), salite aeree e viaggi in strani mondi (descrizione delle astronavi da parte dei rapiti), trasformazione personale (esperienze mistiche dei rapiti). A riprova di quanto appena detto ecco un confronto tra due diverse testimonianze:
Frank Lavery, contattista australiano, da una dichiarazione rilasciata nel luglio del 1977: “…ero sdraiato sul pavimento di una stanza poco illuminata…alzai gli occhi e vedi una figura umana…poi una fascio di luce bianca mi abbagliò…mi sollevavo piano da terra…ma opponevo resistenza e poco dopo mi sentii precipitare in basso…”.
Racconto di uno sciamano Aborigeno: “…ero sdraiato…un fascio di luce bianco abbagliò il mio occhio interiore…un uomo, molti uomini…mi sentivo salire verso l’aria, in alto, nel cielo, ma lo sforzo era troppo e tornai alla piena consapevolezza”.
Dreamtime: Il tempo del Sogno
Nella mitologia degli aborigeni australiani, il “Dreamtime”, il Tempo del Sogno, rappresenta l'epoca precedente alla creazione del mondo, voluto dalle “creature sognanti” che cantavano tutto il creato. Ognuno di questi canti è la descrizione del percorso che segue ogni creatura ancestrale durante il suo viaggio originario; importante rilevare che ogni canto, quasi fosse una vera e propria mappa, possiede una propria struttura musicale, a sua volta corrispondente alla morfologia del territorio attraversato.
Il Tempo del Sogno è un elemento comune a tutte le tradizioni culturali aborigene, anche se poi molto spesso diverse tra loro per altri versi; le origini delle storie riferite al Tempo del Sogno si perdono nella notte dei tempi, tramandate sempre allo stesso modo da più di 40.000 anni. Per quanto possa apparire semplice nella sua esposizione, il Dreamtime in realtà si esprime attraverso regole ben precise e contiene molte parti, queste quelle principali:
1. La storia delle cose che sono accadute.
2. Come si venne a creare l'universo.
3. Come furono creati gli esseri umani.
4. Come il Creatore sognò il loro ruolo all’interno del cosmo.
I racconti relativi al Sogno accennano spesso a Jiva o Guruwari, una sorta di seme di energia che venne depositato sulla Terra, la cui potenza creatrice è proprio il Sogno, capace di plasmare e dare vita ad ogni cosa. Anche lo stesso termine (Dreamtime), assume significati diversi in base al contesto nel quale viene usato; il Tempo del Sogno, infatti, si riferisce al “tempo prima del tempo”, oppure al “tempo della creazione di tutte le cose”, mentre per riferirsi a un individuo oppure a un gruppo di credenze e tradizioni si usa l’espressione Dreaming.
Ayers Rock: la montagna sacra
Quando si scrive dell’Australia, degli Aborigeni e dei misteri che li circondano, non si può non citare il monolito più grande del mondo: nove chilometri di circonferenza e una moltitudine di enigmi, fanno di Ayers Rock una sorta di totem che simboleggia il mito della creazione. Nella tradizione sacra il luogo prende il nome di Uluru, il Cuore Rosso, plasmato dai Padri dello spazio quando il mondo era ancora piatto e senza alcuna forma.
Gli aborigeni rappresentano i più antichi abitanti del Cuore Rosso, la loro esistenza, infatti, fa retrodatare di oltre 30.000 anni la presenza dell'uomo in Australia. Le varie tribù, che tra loro si definiscono genericamente con il nome di Arunta, sono accomunate da un complesso di credenze mitiche e religiose intimamente legate alla natura, e in particolare, proprio alle strutture rocciose di Ayers Rock e dei vicini Monti Olgas. Nelle caverne che si aprono alle pendici, pitture e graffiti raccontano da millenni una antica eredità, lasciata a questo mondo da misteriosi esseri provenienti dalle stelle.
Proprio su questo complesso roccioso abitavano, ai tempi dell’Altjeringa, gli Uomini Lepre, conosciuti come Pitjantjarjiara, o più comunemente come Kundingas; a questi misteriosi esseri si affiancavano gli Uomini Lumaca (Yankuntjatjara). Nelle grotte ai fianchi della montagna, alle quali il Governo Australiano ha vietato l’accesso tranne che per gli Aborigeni, nei pressi di una roccia chiamata “il Sogno del Saggio”, si svolgono le cerimonie di iniziazione alla Kadajingera.
Spostandosi da Ayers Rock, i Kundingas, metà uomini e metà animali, avevano iniziato a sognare; questo termine, che ricorre molto spesso nei racconti degli Aborigeni, non deve essere inteso nel senso comune che siamo soliti attribuirgli, si tratta in realtà di una via di mezzo tra il creare e il cantare. I Kundingas attraversarono tutto il territorio australiano alla ricerca di fonti, di rocce, e di percorsi che si sarebbero in seguito rivelati utili ai loro discendenti; durante i loro spostamenti creavano gli uomini dall’argilla, lasciandosi dietro una lunga scia di note musicali.
Quando ripartirono (secondo alcune tradizioni si addormentarono all’interno degli alberi), lasciarono il ricordo del loro sogno nei ricordi e nelle tradizioni dei loro figli, gli Aborigeni. Gli Aborigeni che hanno superato il rito magico iniziatici (Kadajingera), sono in grado di vedere questo mondo, ma poiché la terra nacque dal seme universale, la sua energia appartiene a tutti e da tutti può essere osservata; anche i bianchi, quindi possono distinguere una semplice roccia da una roccia che esprime invece il Sogno dell'Acqua.
Coloro che sono in grado di sognare pur non essendo Aborigeni vengono definiti “Cumbo”, e tutti sono legati da particolari vincoli di parentela, completamente diversi da quelli che noi concepiamo; un Aborigeno, così come un Cumbo, può avere infatti molti “padri” e molte “madri”. Si tratta forse della più antica e semplice spiegazione di un legame tra l’uomo e alcune forme di vita che dimorano nello spazio, un legame che un tempo era ben conosciuto, e che oggi rimane uno dei più antichi misteri da riscoprire.
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