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martedì 29 marzo 2011

Downshifting: abbandonare la vita frenetica in nome della libertà



Il downshifting regala una maggiore libertà

In Italia lo chiamiamo semplicità volontaria, nei paesi anglosassoni lo chiamano downshifting (letteralmente “scalare la marcia”). Un fenomeno che ha preso piede negli ultimi tempi con una rapidità sorprendente e che è in continua crescita, tanto che la Gran Bretagna nel 2007 gli ha dedicato la settimana dal 23 al 29 aprile.
Già negli anni ’70 ne parlavano nei loro libri i filosofi Jean Baudrillard (La società dei consumi) e André Gorz (Ecologia e politica) e nel 1997 ha coinvolto il segretario di Stato al Lavoro Robert Reich, che dopo sei anni sotto la presidenza di Bill Clinton ha deciso di rinunciare di seguirlo al suo secondo mandato e di dimettersi per dedicare più tempo ai figli.

Di cosa stiamo parlando?

Il New Oxford Dictionary tratta il termine sotto un aspetto puramente economico:
“An instance of changing to a less pressured and less highly paid but more fulfilling career or lifestyle”


[tradotto: "il passaggio a una carriera con meno pressioni e meno guadagno, ma più gratificante"]
In pratica, l’abbandono di una posizione di lavoro remunerativa per ottenere in cambio più tempo libero e meno stress. Questo non significa smettere del tutto di lavorare e darsi all’ozio, non significa come molti credono ritirarsi in un’isola sperduta e dimenticare il passato: vuol dire prendere i propri spazi, dedicarsi a se stessi e ai propri hobby, scegliere un part-time e tornare a casa con la testa meno confusa e meno stanca. Vuol dire maggiore propensione a vivere la propria vita.

La definizione nel dizionario di Oxford deve essere interpretata sotto una chiave che non è soltanto economica, perché vista così il downshifting sembra ad appannaggio di una stretta cerchia di persone, cioè di coloro che guadagnano abbastanza da potersi permettere di ridurre il proprio orario di lavoro o addirittura di rinunciarvi del tutto. In realtà la semplicità volontaria è a portata di chiunque: bastano attenzione e coraggio di iniziare, ben conoscendo i limiti di questo stile di vita.

Cosa significa per i comuni mortali diventare un downshifter? Innanzitutto cambiare le priorità. Il lavoro non deve essere al centro della propria esistenza. Se siete stressati dal lavoro, vuol dire che state occupando gran parte del vostro giorno in un’attività che non vorreste fare. Visto che siete comunque obbligati a guadagnare per sopravvivere, riducete al minimo possibile questa “imposizione”, passando a un orario ridotto o a una posizione meno impegnativa, che a sera vi permetta di essere ancora lucidi e di dedicarvi a voi stessi. Quante volte tornate a casa, stanchi e abbattuti, con il pensiero di aver lasciato qualcosa in sospeso in ufficio e di dovervene occupare la mattina dopo? Ecco, questo è un atteggiamento negativo e controproducente. Più pensieri portano a più difficoltà a vivere liberamente.

Downshifting è anche un picnic con gli amici

Downshifting è anche un picnic con gli amici

Un cambio simile deve essere fatto gradualmente, ma soprattutto con coscienza. Se si guadagna meno, si deve cambiare il proprio stile: il che non coincide con cambiare il tenore di vita. E qui mi riallaccio ai limiti di cui ho parlato sopra: le spese devono diminuire. Fermandovi a riflettere vi renderete conto che non è impossibile farlo. La società ci mette di fronte a stimoli pesanti, che ci spingono ad acquisti inutili o costosi, quando a portata di mano possiamo avere lo stesso effetto con meno dispendio. Il lavoro di per sé ci spinge a comprare cose più costose: sappiamo di guadagnare e di potercelo permettere.

Un qualche esempio? Basta con vestiti firmati o il rinnovo continuo perché vanno “di moda” in quell’anno. La tecnologia di un anno prima funziona spesso come (o meglio) di quella attuale. Lasciamo stare i ristoranti al fine settimana e organizziamo una cena con gli amici in casa: ognuno porta qualcosa, le chiacchiere scorrono più fluide, non ci sono orari o perdite di tempo per accaparrarsi un tavolo. Si può risparmiare con l’elettricista, il sarto o il falegname semplicemente leggendo qualche libro sul fai da te, una moda sempre più diffusa e che tra l’altro dà enormi soddisfazioni. I siti internet al riguardano si sprecano.

Ancora, possiamo coltivare un nostro orto, dedicarci a un hobby che ci ha sempre interessato e che può addirittura portarci a guadagnare, come vendere quadri o statuette intagliate, o offrire lezioni private. Internet ha reso possibili occupazioni online che prima erano impensabili. L’aperitivo al venerdì sera può essere fatto per occasioni particolari, il pranzo alla domenica può diventare un’ottima occasione per un pic-nic.
Le scelte sono innumerevoli, basta soltanto iniziare a informarsi e guardarsi attorno.

I vantaggi del downshifting? Oltre al benessere già citato, alla soddisfazione e all’abbattimento dello stress, si ha un miglioramento in campo dell’ecologia perché i consumi e gli sprechi vengono ridotti. Rivolgersi ad aziende specializzate per piccole cose è solo un danno: più spesa, più spreco di energia e di materiale, più inquinamento.

Il miglioramento si sente nel fisico. Il movimento, come si sa, è migliore del rimanere seduti sul divano a oziare davanti alla tv. Ma si hanno anche effetti inaspettati sulla psicologia. Si porrà più attenzione sui dettagli, ci si sentirà rigenerati e si dimenticherà gran parte della frenesia che è uno dei peggiori mali del mondo moderno. La creatività diventerà spontanea, perché è parte dell’essere umano.

Inoltre per il maggiore tempo libero vi saranno grati i vostri famigliari, il vostro partner e i vostri figli, e anche gli amici a cui spesso date buca con un naturale senso di colpa. Senza contare che ci saranno più occasioni di sfiorare la serendipità.

Siete indecisi? Lo ritenete infattibile e troppo faticoso? Pensate che questo fenomeno ha investito come un fiume in piena il Canada e gli Stati Uniti, maschi e femmine senza distinzione, non a caso due dei paesi più benestanti e moderni. E gli studiosi affermano che la semplicità volontaria è in continua crescita.
E’ una questione di scelta, di coraggio e di cambiare mentalità.

Dopotutto abbiamo una sola vita a disposizione. Sprecarla a correre senza fermarsi a guardarla sarebbe davvero imperdonabile.

Bibliografia
* Adesso basta – Lasciare il lavoro e cambiare vita. Filosofia e strategia di chi ce l’ha fatta, di Simone Perotti (vedi la mia recensione sul libro)
* Ozio, lentezza e nostalgia, di Christoph Baker
* Buon uso della lentezza, di Pierre Sansot
* L’ozio come stile di vita, di Tom Hodgkinson
* L’orrore economico, di Viviane Forrester

Fonte: Link

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