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martedì 10 aprile 2007

"Autobiografia di Ramtha",parte I

Io sono Ramtha l'Illuminato. Ero conosciuto come il Ram. Fui il primo conquistatore che questo piano abbia mai conosciuto. Conquistai tre quarti del mondo conosciuto. La mia marcia durò sessantatré anni. Ascesi sul lato nord est del fiume Indo di fronte a tutta la mia armata di due milioni di persone. Ora la mia gente costituisce la popolazione dell'India, del Tibet, del Nepal fino a quella che è chiamata Mongolia del Sud. La mia gente è costituita da lemuriani, da ioni - che più tardi avrebbero popolato la Macedonia - e da ciò che chiamiamo le tribù dell'Atlatia. Il mio sangue è in tutti loro.
Io sono il Ram, sono ciò che è chiamato il Dio. Fui il primo Dio mai conosciuto. Fui il primo uomo che sia mai asceso, nato da ventre di donna e da uomo su un piano di consapevolezza, e ascesi non grazie all'insegnamento di un essere umano, ma alla comprensione innata dello scopo della vita in ogni cosa. La mia ascensione avvenne 35.000 anni fa secondo il vostro calcolo del tempo. Che cosa significa ascensione? Significa portare tutto quello che io sono nell'eternità, come il vento. Se avessi dato ascolto ad un essere umano, sarei morto in quella vita. Tutti qui muoiono, perché pensano che moriranno, e tutti qui vivono seguendo le opinioni di qualcun altro. È una follia! Io ho imparato ad amare me stesso appagandomi con qualcosa di grande e di maestoso. Qualunque cosa l'essere umano contempli in se stesso lo diverrà, perché egli è il Dio che si cela dietro la maschera della propria umanità.

La battaglia contro il Dio Sconosciuto

Da bambino vidi mia madre trascinata per strada e derubata della sua dolcezza. Vidi, dove vivevamo, il disprezzo che mi circondava. E vidi quando mia madre fu presa. Vidi il bambino crescere nel suo ventre e sapevo chi era. E vidi mia madre piangere. Perché? Era del tutto ovvio. Ci sarebbe stato un altro bambino condannato alla strada e alla sofferenza che già lei aveva conosciuto in quella terra promessa? Guardai e aiutai mia madre a mettere al mondo ciò che voi, nella vostra lingua, chiamate una sorellina. Aiutai mia madre perché era troppo debole per partorire la bambina da sola. E la bambina venne al mondo urlando. Non era felice. Era assolutamente ovvio. Ma ciò che gravava sul mio essere era l'essere di mia madre, perché era così indebolita che per il neonato che succhiava al suo tenero petto non c'era latte, perché lei faceva la fame. E anche mia sorella che succhiava al petto di mia madre era molto debole. Perché, direte, abbiamo avuto questo nella nostra vita? Perché eravamo i contadini, eravamo i non-essenziali, eravamo i non-esseri per il governo di quel paese.
Chi governava quel paese? I ricchi che ci facevano lavorare nei loro campi e dicevano che non ci avrebbero concesso nemmeno una spiga per la nostra sopravvivenza. E che cosa facevano, direte, con i loro raccolti? Li mettevano sotto chiave nei granai. E mangiavano con dita schizzinose e con facce schizzinose. Vi assicuro, era un'ingiustizia. E chi era quel Dio di cui parlavano? Ero incollerito a vedere mia madre piangere perché non c'era più latte nei suoi seni. Mendicai per strada il cibo per nutrirci, uccisi cani e uccelli selvatici, ed essendo molto agile di gambe, rubai di notte il grano ai proprietari. Nutrivo mia madre e lei allattava mia sorella. E la bambina fu colpita da una grave dissenteria. Non riusciva a trattenere ciò che entrava nel suo corpo e lo espelleva rapidamente e così la vita abbandonò il suo corpo. Fu così che morirono.
Non mossi rimproveri alla mia sorellina per la morte della mia amata madre che sarebbe avvenuta subito dopo la sua, perché la piccola aveva succhiato da lei. Aveva dato tutte le sue forze a quella nuova vita, perché quella nuova vita potesse continuare. E mia madre morì con la bambina al petto. Non c'era più nulla. Non c'era più nulla. Il mio odio per la gente rossa - erano chiamati atlatiani - crebbe dentro di me fino a diventare veleno di vipera - ed ero solo un bambino! Non mi rimaneva più nulla, perché mio fratello era stato rapito, trascinato in un'altra città e fatto schiavo da un uomo per i suoi piaceri carnali.
Il mio popolo venerava ed amava ciò che era al di là delle stelle, al di là della vostra luna. Amava ciò che non poteva essere identificato. Era ciò che veniva chiamato Dio Sconosciuto. Ero un bambino e non mossi rimproveri al Dio Sconosciuto per la sua incapacità di amare me e la mia gente e mia madre e mia sorella. Non gli mossi alcun rimprovero - lo odiai!
Ai miei tempi nessuno della mia gente moriva nobilmente. Non esisteva nulla che assomigliasse alla nobiltà e alla virtù. Così quando vidi una grande montagna stagliarsi misteriosa e lontana all'orizzonte, pensai che se avessi potuto salirla avrei potuto incontrare il Dio Sconosciuto lassù e gridargli in faccia tutto il mio odio per la sua ingiustizia. Così cominciai il mio viaggio. Lasciai la mia misera capanna per raggiungere quella grande montagna che appena intravedevo all'orizzonte. E il mio viaggio durò novanta giorni. Novanta giorni in cui divorai locuste e radici e formiche. E alla fine trovai la montagna. Se c'era un Dio avrebbe dovuto vivere lassù, sopra di noi, proprio come sopra di noi vivevano coloro che governavano il nostro paese. E così lo cercai. Ma Lui non c'era, c'era solo un grande freddo. Allora piansi amaramente fino a quando le mie lacrime si trasformarono in ghiaccio.
Sono un uomo. Perché non posso vivere dignitosamente? Ed ecco che mi comparve davanti una fanciulla dolce come mai si era vista, con i capelli dorati che l'avvolgevano tutta. E la corona che portava sui capelli non era di gigli, né di boccioli di rosa, né di iris, ma di fiori sconosciuti. Il drappeggio del suo lungo vestito era traslucido e morbido ed ondeggiante. Ed ecco che venne verso di me e mi diede una grande spada che sibilava; sibilava. Servivano quasi nove mani per afferrarne l'impugnatura, tanto era grande.
Mi diede la spada. E questo fu ciò che disse: "Oh Ram, oh Ram, ti supplico - tu che hai imparato ed hai mosso il nostro spirito a compassione. Deve esserci una verità in questo paese. Per questo le tue preghiere sono state ascoltate. Sei un grande uomo dalle grandi convinzioni. Prendi questa spada e portala con te." E scomparve. Nel mio furore e nelle mie illusioni rimasi accecato da quanto avevo visto. Non tremavo più dal grande freddo, perché avevo trovato calore. Così quando tornai a guardare là dove le mie lacrime erano diventate ghiaccio, vidi crescere un fiore con un profumo e colore così dolci che seppi essere il fiore della speranza. La spada Crosham, il Messaggero Alato; era stato l'É che si era presentato in una delle più belle apparizioni che mi aveva dato la spada e mi aveva detto: "Vai e conquista te stesso." E il resto è storia, non è vero? Non era stato un essere che viveva in una forma personale di esistenza a darmi la spada. Era stata l'armonia dell'É a produrre il Messaggero Alato.
Scesi dalla montagna con la mia grande spada e tornai alla capanna di mia madre che era morta. Chi era il lattante al seno di mia madre? Eri tu, perché tu appartieni al mio regno e alla mia casa e al mio sogno. Ero solo un bambino quando raccolsi della legna e la accatastai. E vi deposi sopra mia madre e poi, nella notte, cercai il fuoco. E dissi una preghiera per mia madre e mia sorella e le amai profondamente. Poi diedi fuoco alla legna, cercando di fare in fretta in modo che l'odore dei corpi non facesse agitare e preoccupare gli atlatiani - che le avrebbero gettate nel deserto in modo che le iene ne facessero scempio. Accesi il fuoco e le bruciai. Bruciai mia madre e mia sorella su una pira funeraria e piansi.
Il resto della storia molti di voi lo conoscono bene. Ma ciò che mi spinse a conquistare e a dominare, cosa che faceva parte dell'emozione della mia anima, fu il desiderio di fare giustizia. Io ho creato la guerra, perché nessuno era mai sceso in guerra contro l'arroganza degli atlatiani - nessuno. Io l'ho creata. Ero sceso dalla grande montagna, intimidito dal Dio Sconosciuto, mi era stata data una spada e mi era stato detto di conquistare me stesso. Non potevo rivolgermi la lama contro e tagliarmi la testa; era troppo lunga. Le mie braccia erano troppo corte per impugnare l'elsa della spada. Piansi a lungo, ma in quella spada ritrovai il senso dell'onore. Non ero più debole e fragile fisicamente, ero un Ram nel senso più completo della parola e mossi guerra contro i tiranni di tutta la mia gente che era stata resa schiava da loro. Tornai e assediai Onai
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1 commento:

Anonimo ha detto...
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