Nella campagna inglese, vicino al confine con il Galles, si trova una zona pianeggiante e lussureggiante. Su una piccola collina al centro di questa pianura sorge una torre, ultime vestigia di un’antica chiesa…Glastonbury Tor, uno dei luoghi più densi di mitologia della terra. Glastonbury era poco più che un isola, il mare difatti giungeva ai piedi della collina e paludi rendevano l’accesso difficoltoso e tortuoso proteggendo la collina. Le terrazze che si vedono tutt’oggi sul fianco della collina confermano che i pellegrini dovevano percorrere una sorta di labirinto iniziatico per giungere sino alla sua sommità, avente l’ulteriore funzione di difesa della collina.
La leggenda narra che molte migliaia di anni fa, questa collina era una di sette isole, una delle poche terre non sommerse da una grande inondazione. E lo sarebbe stata per secoli, perché le acque dell’inondazione ci misero molto tempo a ritirarsi: rimasero paludi salmastre che al culmine dell’estate si prosciugavano. E infatti “Somerset”, la regione della Cornovaglia in cui si trova, è l’abbreviazione di “Territori dell’Estate“, perché l’area d’inverno era inondata e pertanto non poteva essere abitata.
La collina era chiamata anche “Ynis Witrin” o “Isola di vetro“, collegata al continente solo da una stretta striscia di terra durante la bassa marea. Questo parziale isolamento non solo ha preservato il luogo e le sue caratteristiche, ma ha anche aggiunto ad esso un’aura di specialità agli occhi della gente.
La prima data storicamente attendibile è collocata attorno al 705, anno in cui il re Ine vi fondò un monastero, che in seguito ospitò, nel X secolo, alcuni monaci benedettini.
Gli scavi archeologici hanno portato alla luce inoltre vestigia di costruzioni anteriori, fatte di pali e rami intrecciati, coperti di argilla e paglia, come del resto lascia intendere l’etimologia del nome “Glastonbury” secondo la tesi di Guglielmo di Malmesbury (De antiquitate Glastoniensis ecclesiae), storico normanno nato intorno al 1090, nonché numerosi edifici in pietra di epoche più tarde, di cui oggi sono riconoscibili solo i tracciati perimetrali. Rimangono i ruderi dell’abbazia principale costruita nel XIII- XIV secolo.
Una leggenda narra che Giuseppe di Arimatea emigrò a Glastonbury e vi fondò una comunità cristiana. Un’altra riferisce che approdò con una nave vicino alla collina di Wearyall e si appoggio con il bastone per pregare. Questo gettò delle radici da cui nacque il Glastonbury Thorn, il “biancospino di Glastonbury”, che ancora fiorisce a Pasqua e Natale sul terreno dell’abbazia e di fronte alla chiesa di S. Giovanni.
Il piccolo gruppo di cristiani che si radunò in seguito, sarebbe stato accolto abbastanza cordialmente dal re Arvirago di Siluria, fratello di Caractaco il Pendragon, che – si dice – concesse a Giuseppe circa 600 ettari di terra a Glastonbury dove in epoca medievale, i monaci di Glastonbury edificarono una chiesa in cima alla Tor in seguito distrutta da un terremoto. Più tardi fu edificata un’abbazia che fu distrutta, quando Enrico VIII, nel corso del XVI° secolo, diede vita alla Chiesa Anglicana e i grandi monasteri cattolici della Britannia subirono gli attacchi della corona, della quale tutto ciò che rimane è il campanile che ancora svetta sulla collina. L’intento dei frati era presumibilmente di convertire la Pagana Tor al cristianesimo, poiché secondo la leggenda, da essa si penetrava ad Annwn, un regno sotterraneo governato da Gwyn ap Nudd, re delle Fate.
Quando nel VI secolo san Collen fece visita a Gwyn, sulla collina di Tor, egli attraversò una porta segreta e venne a trovarsi al’interno di un palazzo. Esposto alla tentazioni, asperse con acqua santa tutto quanto vi trovò, finchè il castello scomparve e Collen rimase solo sulla collina.
Tra i tanti misteri che rendono affascinate Glastonbury c’è inoltre un antico pozzo che è situato ai piedi della collina di Tor, le cui acqua sorgive imitano con il loro suono il battito del cuore. Inoltre, contenendo ossido di ferro, hanno una colorazione rossa; per questo il pozzo è anche detto Fonte del Sangue. Ma il suo nome più famoso è Chalice Well, pochè, secondo la tradizione cristiana, il Santo Graal venne nascosto proprio qui, in un pozzo costruito con grandi pietre dai druidi.
Il mistero delle spoglie di Re Artù…
La tomba del leggendario sovrano fu scoperta nel 1190, dopo che un bardo gallese ebbe rivelato il segreto della sepoltura al re Enrico II. Il monarca ne informò l’abate di Glastonbury e, durante la ricostruzione del monastero dopo l’incendio del 1184, i monaci andarono alla ricerca del sepolcro. A circa 2 m di profondità trovarono una lastra di pietra e una croce di piombo recanti l’iscrizione “ Hic iacet sepultus inclitus Rex Arturius in insula Avalonia “ ( Qui giace sepolto il famoso Re Artù nell’isola di Avalon ). Circa 2,7 m al di sotto della lastra era deposta una bara ricavata da un tronco d’albero, contenente le ossa di un uomo alto 2,4 m, dal cranio danneggiato, nonché ossa più piccole identificate come quelle di Ginevra, in base ad alcuni resti di capelli ingialliti rinvenuti con esse. Nel 1962, l’archeologo Ralegh Radford confermò che quello scoperto era effettivamente un sepolcro ma che non c’era modo di dimostrare a chi appartenesse. Il punto oggi contrassegnato come tomba di re Artù è in realtà quello in cui le ossa furono risotterrate nel 1278, in un tomba di marmo nero posta davanti all’altare maggiore. La sepoltura originaria non reca indicazioni e si trova a 15 m di distanza dalla porta su della Cappella della Madonna.
Testimonianze recenti indicano invece che il sovrano fu inumato nei pressi di Bridgend, nel Galles meridionale che quella di Glastonbury fosse una messinscena di Enrico II Plantageneto per rinverdire la discendenza dal prode sovrano britanno.
In effetti, non tutti gli studiosi accettano l’identificazione di Avalon con Glastonbury, preferendo altri luoghi, quali il castello di Peel nell’Isola di Man, ma sulla verde collina del Tor si sono riuniti secoli di leggende e di folklore.
… e del “Tempio delle stelle”
Tuttavia Glastonbury custodisce un altro segreto. Un segreto comune a molti siti megalitici antichi, un mistero che si estende nella campagna circostante in un cerchio di 12 km di diametro. Fossi, strade, colline, formano difatti le dodici costellazioni, sono distinguibili l’aquila (acquario), il toro, la barca (cancro), i gemelli, e tutte le altre figure zodiacali. Fu il libro “Il tempio delle stelle di Glastonbury” di Katharine Maltwood a scatenare una serie di controversie accademiche tra i vari studiosi. I vari simboli zodiacali sono stati poi accostati alle figure della saga arturiana: Artù è associato al sagittario (nella mitologia greca il sagittario è associato alla forza, ed il nome stesso di Artù, sembra derivare dal termine “art”, orso, simbolo di forza presso i popoli celtici) sua moglie Ginevra diviene la vergine (da notare l’accostamento con la vergine Maria), ecc.
Molti dettagli sulla ricerca sul simbolismo zodiacale di Glastonbury si devono alla ricerca svolta dall’insegnate di storia dell’arte Mary Caine, membro dell’Ordine dei Druidi di Londra. Nei suoi studi ha svolto ricerche anche su altri disegni geomantici come le configurazioni nei pressi di Kingston-on-Tames.”
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