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martedì 5 febbraio 2013

Elezioni: astensione attiva, ecco cosa succede col “non voto”





Con una nota di ieri, il Viminale è intervenuto sulla questione delle “astensioni attive” propagandate sul web come alternativa al non-voto per coloro che non si sentono rappresentati dai partiti in campagna elettorale per le elezioni del 24 e 25 febbraio.


È forte il malcontento degli italiani nei confronti della politica. Così, grazie al tam tam di internet, si sta diffondendo una campagna nazionale volta a promuovere una decisa e forte contestazione al voto per le prossime elezioni.
I “dissidenti” intendo non votare, ma non nella consueta forma dell’astensionismo. Essi infatti, invitano gli elettori a presentarsi al seggio, farsi registrare, rifiutare poi di ritirare la scheda e, infine, chiedere di verbalizzare le ragioni della loro protesta.
Sulla questione è intervenuto ieri il Ministero degli Interni, chiarendo [1] che tale pratica non è certamente vietata. I Presidenti di seggio vengono invitati, dal Viminale, a verbalizzare in modo sintetico e veloce (per non rallentare le operazioni di voto) i motivi della protesta dell’elettore, con le sue generalità, allegandoli al verbale. Tuttavia – questione più importante – ai fini dellerilevazioni statistiche sulla affluenza alle urne, i cittadini che vorranno aderire alla singolare protesta non saranno conteggiati tra i votanti della sezione elettorale, bensì saranno considerati come “non votanti”.
Ciò significa, in altre parole, che l’intera protesta potrebbe essere completamente inutile, atteso che non sarà dato sapere quante astensioni attive ci sono state e, pertanto, nessuno avrà mai una percezione reale di quello che è il malcontento degli italiani.

1 commento:

Anonimo ha detto...

si fottano.
come sempre.

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