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lunedì 21 gennaio 2013

ASPETTI SIMBOLICI DELL'ACQUA di Roberto Lucchetta




Le acque, la luna, le tenebre, la morte

L’acqua viene solitamente vista nei suoi aspetti positivi. Essa viene sentita come l’indifferenziato, come l’informe (che proprio perché tale può assumere qualsiasi forma), come il plenipotenziario e come la virtualità. Tutti aspetti che possono richiamare la sola immagine della vita che dall’acqua è nata e nasce, che da essa si è evoluta e si evolve.
È naturale però che se l’elemento acquatico è direttamente connesso con la vita per gli aspetti citati, esso potrà essere altrettanto bene collegato con la morte e con la dissoluzione.
Se è vero che qualsiasi cosa che venga a contatto con l’acqua può esserne vivificata, ed in questa concezione essa viene ad assumere l’aspetto del sentimento materno amorevole, è vero anche che le cose possono essere dissolte da questo contatto.
Nel suo aspetto amorevole, quindi, sarà l’acqua che accoglie i corpi di Perseo e Mosè sottraendoli ad una fine incerta che incombe su di essi e portandoli dove tutt’altro destino potrà compiersi.
Nel suo altro aspetto, che è appunto quello che qui tenteremo di lumeggiare, sarà protagonista l’acqua che fa da triste preludio alla morte di Atteone e che trattiene in sé il corpo del Barbarossa che non sarà più ritrovato e che in essa si “dissolve”.
Vediamo come rintracciare questo aspetto mortifero dell’acqua. Per Eraclito, non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume. Questo avviene sia perché l’acqua scorre e non è, e non sarà più, la stessa, sia perché il nostro corpo che torna a bagnarsi in quel fiume non è più quello del bagno precedente.
Il fluire del fiume nel suo letto, come il mutare del nostro corpo, evocano l’immagine del tempo che passa, ed il tempo che passa è l’avvicinarsi della morte.
Citando Bachelard, il solo cammino possibile è per il fiume quello che va dalla sorgente al mare. L’opposto cammino non è possibile.


All’acqua appartiene tutta una schiera di mostri terrifici. Paradigmatico tra questi è il Drago. Il suo apparire tra le acque, che il suo sollevarsi separa, significa che egli è venuto a reclamare il suo tributo di vite umane, che ritualmente gli vengono offerte ad evitare che la sua brama compia distruzioni ancora più grandi.
Inoltre, la vischiosità della sua pelle richiama le acque stagnanti e le paludi, acque infide e pronte ad inghiottire, sulle quali incombe la nebbia che, sfilacciandosi, evoca la visione degli spettri degli annegati che in tante leggende si agitano in macabra danza sullo specchio d’acqua che li ha inghiottiti.
Vi è un’importante bipolarità vita/morte che la psiche vive accostandosi all’acqua. Bipolarità che diviene ancora più marcata se a questo elemento si uniscono la luna e le tenebre (ma in fondo, quest’ultime, nel mondo notturno altro non sono se non la luna nella sua essenza). Come sappiamo, la luna è legata strettamente a tutto quello che è acquatico.
E la luna è collegata anche con la morte. Essa è per molte religioni il primo morto (basti pensare ad Osiride che originariamente era un Dio lunare). In molte religioni, tra le quali la gnosi, essa è la prima stazione dell’anima dopo la morte.
La luna muore periodicamente. Il fatto, che periodicamente essa risorga, non deve trarre fuori strada.
Tutto quello che riguarda gli strati umani più profondi, i nuclei più primitivi, vive in un certo modo del solo tempo in cui si accende. La liturgia cristiana insegna che la morte di Cristo viene pianta come se la religione non sapesse della sua resurrezione.
Sappiamo inoltre che l’abitudine di salutare il nuovo anno con mortaretti e fuochi d’artificio ha origini molto antiche. Questa usanza infatti è il moderno corrispondente della convinzione primitiva secondo la quale il mondo, nel giorno in cui il sole toccava il suo punto più basso, era ingoiato da demoni ed il caos regnava sulla terra. Il baccano che viene oggi prodotto è l’equivalente di quello che veniva fatto per spaventare quei demoni ed impedire il caos. Ad esempio: alcune popolazioni primitive credono che durante il novilunio la luna sia inghiottita da un mostro o da un animale, e s’impegnano come possono per spaventarlo col rumore e fargliela risputare.
Conosciamo dalla prosa e dalla poesia l’incanto delle notti di lune vissute vicino all’acqua. Ma vi sono altri brani, forse altrettanto ben conosciuti, nei quali questa visione soave si capovolge come un Giano e mostra la sua altra faccia. Basta pensare alla notte di “Kleine Wagner” di H. Hesse che fa da sfondo alla tragedia che sta per compiersi.
Comincia così a delinearsi l’altro aspetto, quello terrifico, lo stesso che fa da filo conduttore a tanti miti e leggende, tra i quali quello di Atteone.
Atteone, giovane cacciatore, s’inoltra nel fitto bosco in cerca di selvaggina. Giunge ad una fonte dove Artemide, nuda, si stava bagnando. Vistasi spiata la Dea decide di uccidere l’uomo che tanto aveva osato (“e cede la memoria a tale oltraggio”). Ma anziché servirsi del suo arco e delle sue frecce, e potrebbe farlo visto che gli strumenti sono lì a portata di mano ed il giovane è rimasto fermo, come inebetito dalla sua bellezza, ella lo fa morire in un altro modo. Getta dell’acqua su Atteone, trasformandolo in un cervo che i cani sbraneranno.
Parimenti, l’aspetto mortifero dell’acqua è mirabilmente descritto da E.A. Poe, quando nei suoi racconti parla del “mal di tenebre”, o della discesa inaspettata nel mare, visioni che afferrano i navigatori, riempiendole del terrore che esse suscitano.
Così per l’Ulisse Dantesco il mare sarà una tomba.
È dal mare unito alle tenebre che ci viene la visione del vascello fantasma di Coleridge, nonché leggenda dell’olandese volante.
Antiche leggende normanne narrano di traghettatori che vengono talvolta svegliati da colpi bussanti alle porte delle loro case. Essi sanno già di cosa si tratta, come sanno che aprendo la porta non troveranno nessuno, ma conoscono il luogo in cui sono attesi. Si mettono in cammino verso la spiaggia, qui giunti trovano una barca che è apparentemente vuota. Questa barca, però, sfiora il pelo dell’acqua coi bordi del suo scafo, essa è quindi ben carica. I traghettatori si mettono a remare per portare quel carico di invisibili alla loro destinazione. Per compiere il tragitto, occorre loro una minima frazione del tempo che essi impegnano in circostanze “normali”.
Questa leggenda, per molti aspetti, ci ricorda la barca di Caronte che avanza sul fiume della morte per traghettare le anime.
In molte religioni “attraversare la grande acqua” significa anche morte.
È recente la scoperta delle imbarcazioni sepolte vicino al luogo dove il faraone era stato tumulato. Questa barca doveva accompagnarlo nel suo viaggio notturno, ossia quando egli, morendo, cessava di essere Re per trasformarsi in Osiride. È infatti Osiride che guida di notte la barca del sole attraverso il paese dei morti.
In forma più travestita, ma ricca di riferimenti, questa unione si rivela anche nel mito di Lilith, la strega, prima moglie di Adamo. Allorché ella si rifiuta di soggiacere su Adamo, si ritira sul Mar Rosso dove diverrà pian piano quel mostro che terrorizza le madri nelle notti di novilunio. In questo esito le sono compagni serpenti e scorpioni. Il serpente è un animale che ha molte analogie con la luna, anch’esso muore e rinasce. Lo scorpione è un animale che vive nell’umidità e che ricorda nei suoi movimenti la falce lunare. Lilith è assimilata alla luna nera, e le notti di novilunio sono quelle che scandiscono i ritmi del diluvio durante il quale, come racconta la Bibbia ma ancor meglio la religione sumerica, il mondo compie la propria dissoluzione.
Ricordiamo, a tal proposito, che è Ishtar a scatenare il diluvio, ed Ishtar è in molti aspetti simile a Lilith, perlomeno per quanto riguarda il suo comportamento verso l’uomo che ama e fa morire, come narra una poesia babilonese che parla del suo incontro con Gilgamesh, che peraltro la rifiuta per non subire la sorte degli altri suoi amanti.
Ma Ishtar è anche la dea lunare.
Sempre nelle notti di novilunio, secondo la tradizione, vengono preparate le pozioni malefiche delle streghe.
Vi è infine un’ultima acqua che è in stretto rapporto con la morte: il sangue mestruale. Simbolicamente, i sangue mestruale è un sangue “spento”, un sangue che ha perso il suo fuoco. Ma è anche un liquido che altro non è se non quel che resta di una fecondazione che non è avvenuta.
In molte società primitive la donna è tabù nel periodo in cui è mestruata. Spesso viene addirittura allontanata dal paese ed è costretta a vivere in una capanna isolata per tutto questo periodo. Durante questa sua prigionia, non può neanche toccare il cibo con le mani. L’equivalente di questo tabù è rintracciabile anche nella società cosiddetta civilizzata: la donna mestruata secondo alcune tradizioni, che è troppo semplicistico definire come superstizioni, non può preparare la maionese né può toccare piante e fiori.

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