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martedì 18 ottobre 2011

Satellite Rosat: tra il 21 ed il ottobre l'impatto sulla Terra





rosatdlr

Satellite in caduta libera, ancora una volta. Neanche un mese fa eravamo preoccupati dei danni che Uars, uno dei satelliti dismessi avrebbe potuto fare sulla Terra. Per fortuna i frammenti sono caduti lontani dalle aree abitate, non arrecando alcun danno a cose o persone. Ma non siamo del tutti esenti da rischi. Un altro satellite noto come Rosat (ROentgen SATellite), solcherà i nostri cieli tra il 21 ed il 25 ottobre.


Lanciato nel oltre 20 anni fa, nel 1990 dalla Nasa e gestito dall'Agenzia spaziale tedesca Dlr, il satellite rischia di metterci in allerta, proprio come è successo con Uars. Si presume infatti che alcuni materiali, molto resistenti al calore, non vengano distrutti dal contatto con la nostra atmosfera, cadendo sulla Terra ad una velocità non proprio tranquillizante. Secondo le stime fornite dalla Dlr, potrebbero essere circa trenta i frammenti in grado di sopravvivere all'atmosfera e dunque di raggiungere la superficie terrestre nel raggio di circa 80 chilometri.



Com'è successo anche per Uars, non si può ancora prevedere quale o quali saranno le zone più a rischio. Si sa però che uno dei frammenti più grandi potrebbe essere costituito dal grande specchio del telescopi che pesa 1,7 tonnellate.


Nel corso della sua missione, il satellite Roentgen (ROSAT) ha eseguito le sue osservazioni seguendo un'orbita ellittica a distanze comprese tra i 585 e i 565 chilometri sopra la superficie della Terra. Sin dalla sua dismissione, la resistenza atmosferica ha fatto sì che il satellite perdesse lentamente quota. Fino al mese di giugno di quest'anno quando si è trovato ad una distanza di soli 327 dalla Terra.


Altra aggravante è che il satellite non abbia un sistema di propulsione a bordo, dunque non è possibile manovrarlo da terra. Allo stato attuale, non può ancora essere calcolato con precisione il punto di caduta. Secondo gli esperti, la precisione assoluta potrà essere fornita solo cinque ore prima.


Incrociamo le dita, ancora una volta.

Fonte: Link

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