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domenica 16 ottobre 2011

INTERVISTA A SAMAEL AUN WEOR (IV Parte)-"oggetti volanti nella tradizione" ed extra-terrestri

D.- Maestro: in tutti i libri antichi, in tutte le antiche Tradizioni, leggende, ecc. dell'umanità, si è sempre parlato degli "oggetti volanti". Nel Ramayana, per esempio, si parla di "oggetti" che potrebbero assomigliare a "navi volanti", e in tutte le antiche culture si allude allo stesso caso.

Allora vorremmo che dicesse al nostro pubblico radio-ascolto, che tipo di gente c'è dentro queste navi: se sono extraterrestri, o se sono persone che abitarono nel nostro pianeta migliaia di anni fa, e che per diverse circostanze siano stati sterminati o siano scomparsi. Vorremmo che ci dicesse qualcosa su questo, Maestro Samael Aun Weor.



R.- Con molto piacere parleremo un po' su queste inquietanti questioni relazionate proprio agli extraterrestri...



Per quanto mi riguarda, ebbi un'esperienza diretta con gli stessi. Per me non sono questioni meramente teoriche o utopiche, in quanto ho conosciuto gli extraterrestri direttamente.



Mi viene in mente, in questo momento, un incontro con extraterrestri. Mi trovavo precisamente nel "Deserto dei Leoni", nel Distretto Federale. All'improvviso, un "oggetto volante non identificato" scese in una radura del Bosco. Mosso dalla curiosità mi diressi sul luogo e grande fu la mia sorpresa nel trovare una nave cosmica rotonda, piatta, appoggiata ad un treppiede di acciaio.



Si aprì una porticina e un uomo discese da una scaletta. Dietro di lui, vi erano undici persone, tutte delicate, di media statura, dai capelli color del rame, dalla fronte ampia, dagli occhi azzurri, dalla fisionomia nobile, ecc. Mi avvicinai e salutai il Capitano della nave (l'uomo che scese avanti). Lo salutai, e grande fu il mio stupore quando egli mi rispose in perfetto spagnolo (tutto pensavo, tranne che gli extraterrestri parlassero spagnolo)...



In somma, tutti quelli della nave si sedettero su alcuni tronchi (alberi che sono stati abbattuti, che stavano lì sul suolo). Supplicai il Capitano dicendogli: "Sono uno scrittore, mi piacerebbe che mi portasse su un altro pianeta dello spazio". Mi chiese: Su quale pianeta?" Dissi: "Su Marte". Risposta: "Questo non sta più lì" (altra risposta che fu per me sorprendente). “Non più lì?”, dissi a me stesso. E lo disse quell’uomo con tanta naturalezza, come se si trattasse di bere un bicchier d’acqua...



Tutte le mie suppliche furono inutili. Gli manifestai che mi sarebbe piaciuto scrivere qualcosa sulla vita negli altri mondi, portare prove per convincere i terrestri. Gli chiarii che i terrestri sono scettici al 100%, increduli e materialisti; che non sarebbe servito a nulla andare su un altro pianeta se non portavo prove, perché anche quando uno si mettesse in ginocchio, piangendo lacrime di sangue per convincere i terrestri, questi non gli crederebbero per niente al mondo, se non porta loro qualcosa. Bisogna portare loro un oggetto, un animale, una pietra rara, strana, perché sono tremendamente increduli e materialisti…



Bene, dopo aver esposto al Capitano tutto ciò, egli rimase in silenzio. Una delle signore (perché parlano due nella truppa) si alzò in piedi e disse: “Se noi mettiamo una pianta non aromatica vicino ad una aromatica, è chiaro che quella non aromatica si impregnerà dell’aroma di quella aromatica, vero? Risposi: “È chiaro”. Quindi continuò: “Lo stesso succede nei mondi.





Mondi che in passato andavano male, con umanità perverse, si sono impregnati, poco a poco, delle vibrazioni dei mondi vicini ed ora vanno molto bene. Però cerchiamo di giungere al pianeta Terra, come vedete, qui non succede lo stesso. Cosa succede in questo pianeta?". La domanda fu terribile; dovetti riflettere profondamente, prima di rispondere. Alla fine dissi: "Bene, è che questo pianeta Terra è un equivoco degli dèi".



Però "chiarii" il mio concetto, continuando con le seguenti parole: "Questo è il KARMA dei Mondi" ("KARMA" è una parola orientale che significa "causa e effetto": tale causa, tale effetto). La dama, chinando il capo, asserì; l’altra dama fece lo stesso, ed anche tutta la truppa.



Inseguito si alzarono in piedi. Compresi che si stavano ritirando, mentre mi avvicinavo, un'altra volta, per porre al Capitano una domanda. Quell'uomo, infine disse: " NEL CAMMINO VEDREMO!", e questo lo disse mentre alzava solennemente il dito indice...



Comprendo ciò che sono questi uomini: parlano poco e dicono molto; la parola è oro per loro e la mantengono sempre.



Mi rallegrai con quelle parole. Ci stringemmo la mano e tutta la truppa fece rientro sulla nave. Mi ritirai ad una distanza prudente, sapendo che la radiazione avrebbe potuto uccidermi, e potei vedere da lontano l'istante in cui quella nave girò sul suo asse e si alzò, fino a perdersi nell'Infinito.



Mi successe questo, e da quel giorno, per me, la questione degli extraterrestri è qualcosa di molto serio. Abbandonai completamente la curiosità; compresi che per poter riuscire a convertirmi in un viaggiatore intergalattico sarebbe stato necessario per prima cosa farla finita con i miei difetti psicologici.



So che finché non sarò un uomo sufficientemente degno per poter entrare a far parte di questa truppa, non farò altro che sospirare. Ora mi sto dedicando proprio a correggere i miei difetti, affinché (un giorno) possa entrare su questa nave. Credo che un giorno tornerà questo Capitano e che compirà la sua parola. Penso che si tratta di viaggiatori intergalattici; così ho intuito. Non c'è dubbio che quella nave che scese nel Bosco, fosse uscita da qualche nave madre che rimase in orbita…



In un paese sudamericano accadde qualcosa di storico, con una sorte maggiore della mia. Un certo individuo (X.X.) che era affiliato ad una scuola orientale, fu visitato da alcuni extraterrestri il mattino presto. Venne trasportato in una nave fino a Ganimede e gli fu mostrata la poderosa civiltà che lì esisteva. Gli venne proposto di rimanere a vivere a Ganimede (si tratta, tra parentesi, di un satellite che gira intorno al pianeta Giove. Giove ha dodici lune.)



Quell'individuo fu trasportato di nuovo sulla Terra, poiché così egli volle, per consegnare i suoi beni materiali (la sua automobile, la sua casa e le sue proprietà in generale) a suo fratello. Fu trasportato e consegnò formalmente, a suo fratello, la sua automobile, la sua casa, il suo denaro, e tutto. Invitò suo fratello e i suoi familiari ad una cena di congedo; manifestò che si trattava di un viaggio lungo (si astenne dal dire qual era la meta di questo viaggio).



Si trovavano in piena cena, quando la nave atterrò nel giardino della sua casa (un enorme giardino). "Ah, ora capiamo (dissero i suoi familiari) di cosa si tratta!" Disse: "Si, vengono per me, però non mi portono via con forza; vado per mia volontà"... Salì sulla nave e partì per Ganimede (a GANÍMEDES esiste una poderosa civiltà). La cosa interessante fu che lasciò a suo fratello, in una cassa, un oggetto meccanico, qualcosa di più che una televisione o una radio, che permetteva mediante la concentrazione del pensiero, di porsi in contatto con GANIMEDE e con gli abitanti di GANIMEDE. Non è di troppo dire che anche lui fu portato a GANIMEDE...



Penso che il pianeta Terra non sia l'unico abitato. Sarebbe assurdo supporre che tra tante migliaia e milioni e trilioni di mondi che popolano lo spazio infinito, solamente questo pianeta Terra, questo granello di sabbia nello spazio, abbia l'esclusiva di possedere la vita. Pensare così è pensare con mente medioevale. Come coloro che nel Medioevo supponevano che la Terra fosse piatta, quadrata, che non si muovesse. Ricordiamo che Galileo si azzardò a dire che fosse rotonda e che si muovesse e lo volevano bruciare vivo durante l'Inquisizione.



Dovette giurare, ponendo la mano sulla Bibbia. Gli chiesero: "Lei giura che la Terra non è rotonda e che non si muove?" Egli giurò, dicendo: "Lo giuro, però si muove, si muove...! Allo stesso modo, pensare oggi giorno che solamente la Terra sia abitata e che questo sia l'unico mondo che abbia vita, è pensare con mente medioevale, con stile inquisitorio. Noi dobbiamo essere intelligenti, dobbiamo essere rivoluzionari nel pensare.

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